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Rassegna di film al ‘San Paolo’ si apre con ‘Dante’ di Pupi Avati

Giovedì 10 novembre, con replica venerdì 11 novembre, e proiezione unica alle ore 21, si apre la stagione cinematografica al San Paolo. Il primo film in cartellone è “Dante” di Pupi Avati con Sergio Castellitto, Alessandro Sperduti ed Enrico Lo Verso.

Ecco la recensione del film.

Pupi Avati torna al cinema con Dante, film incentrato su Dante Alighieri. Attraverso il viaggio di Boccaccio (interpretato da Sergio Castellitto) lungo i luoghi dell’esilio di Dante, Avati racconta alcune tappe fondamentali della vita del Sommo Poeta: un uomo tormentato, un essere costretto, per contrasti politici, a vivere in esilio per tutta la vita, un soggetto perennemente in conflitto tra il mondo che avrebbe desiderato e quello che, invece, si è ritrovato a vivere.

Boccaccio ammira la sua figura, è devoto a questo maestro che non ha mai conosciuto di persona, di cui ama la scrittura e di cui vuole conoscere tutta la vita, e tale devozione è condivisa dal regista stesso. Infatti Avati ammira, immagina e descrive con passione la figura dantesca: Dante è raffigurato come un maestro dall’anima eternamente giovane, una personalità unica, capace di spiccare in una violenta e controversa Italia medievale.

Dante è un’opera dagli intenti genuini, ma la narrazione è molto standard ed ingessata, con poco vigore. Un’opera adatta per chi Dante lo conosce già, dato che molti dei riferimenti presenti (Guido Cavalcanti, Paolo e Francesca, il conte Ugolino, tanto per citarne alcuni) non vengono approfonditi e, di conseguenza, non possono essere pienamente colti da chi non ha un minimo di preparazione sulla figura dantesca. Inoltre, sono poco approfondite le fondamentali riflessioni teologiche, filosofiche e politiche di Alighieri (la vita politica di Dante è presente, ma non troppo approfondita): certamente è impossibile trattare dettagliatamente una figura così complessa in neanche due ore di film, ma qualche dettaglio in più avrebbe giovato all’opera.

Tra immagini ben studiate (veri quadri che prendono vita) e scene tranquillamente evitabili (come quella del sonetto “A ciascun’alma presa e gentil core”, dai tratti grotteschi e forzati), il “Dante” di Avati oscilla tra l’energia e lo stallo, tra lo slancio e l’inciampo. Cogliamo bene le sofferenze patite da Dante, ma meno quella risolutezza e quella tenacia che hanno caratterizzato l’anima dell’autore fiorentino: l’uomo energico pronto a mandare all’Inferno i nemici (di lui, dell’Italia e del Cristianesimo, secondo la sua ottica), il poeta errante che «conosceva il vero nome di tutte le stelle».

Silvio Gobbi

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