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Gabriele Cipolletta

Cipolletta: Quando il cuore si ferma e il calcio ti salva la vita

Pubblicato da Redazione in L'intervento 5 ottobre 2021 2,768 Visite

Quando il cuore si ferma e il calcio ti salva la vita. L’importante è poterlo raccontare e non aver subito danni. 

30 marzo 2006. Colori, suoni e movimenti della vita.

E’ una splendida giornata di una primavera appena sbocciata. Tutto intorno è una sinfonia di colori, di vita e di fantasia. Intense pennellate sonore dei maestri impressionisti si muovono festose e felici dietro un pallone su una tavolozza di un verde straordinariamente brillante. Il cielo è azzurro e luminoso in modo particolare. Il dolce mormorio del mare sembra voler accompagnare tutta questa armonia. L’arrivo silenzioso dell’ambulanza, quasi timorosa di dover rompere questo incanto, sembra cancellare di colpo la splendida opera d’arte in essere. Poi i controlli, l’attesa e la corsa lungo la statale adriatica accompagnato dal suono ossessivo della sirena. L’arrivo all’ospedale, ancora i controlli, l’attesa snervante e dallo splendido gioco di colori precedente si passa al tutto bianco assordante del reparto. Seguono momenti di apparente, tranquilla attesa, anche se accompagnato dal bip ossessivo del diabolico macchinario dietro le spalle. Poi all’improvviso… chiome bionde, more e camici bianchi che si agitano; mani frenetiche vagano su di me ed all’improvviso un dolce torpore; nebbie e struggenti atmosfere felliniane avvolgono i miei pensieri. Tutto è confuso, indefinibile, nebuloso e misterioso. Attimi infiniti. Sequenze rapidissime di sensazioni stupende, flash da sogno di scene vissute, rapidissimo film della vita in pochi fotogrammi. Una sorta di vortice sembra risucchiarmi, vedo il precipizio che si avvicina… Fortunatamente le nebbie si diradano, tutto ritorna più chiaro, limpido, nitido. Comincio a intravedere di nuovo le figure. Un dubbio angosciante e un brivido improvviso mi assale: chi saranno queste figure? I medici e le infermiere di prima o angeli che mi stanno aspettando di là ? Non riesco a percepire con chiarezza se ho superato oppure no il fatal confine… Le nebbie si diradano del tutto e i visi giovanili e sorridenti delle infermiere mi fanno capire che tutto è finito bene. Un grande sospiro di sollievo. Il pericolo peggiore è scampato!

Lo chiamano malore in un modo un po’ ipocrita – quasi si trattasse di una piccola indisposizione – per definire il collasso cardiaco o infarto, ossia il cuore si ferma e se non si trova il modo di farlo ripartire si lascia improvvisamente questo mondo senza nemmeno avere il tempo di rendersene conto.

Con l’avvento del Covid 19 sembrava scomparso, inghiottito da questo virus come altre terribili malattie. Poi gli Europei di calcio, con il caso che ha colpito il centrocampista dell’Inter e della nazionale danese Christian Eriksen, ci hanno riaperto gli occhi su questo terrificate evento. Il fatto ha avuto una grandissima eco mondiale, ha suscitato grande emozione ed ha riportato alla mia mente quanto mi accadde il 30 marzo 2006 allo stadio di Porto Potenza Picena. Ogni situazione ha la sua modalità e la sua dinamica di svolgimento, ma ciò che conta è che si riesca in qualsiasi modo a far ripartire il cuore, altrimenti non lo si può raccontare a nessuno su questa terra. Nel mio caso specifico, pur trattandosi di una forma “fulminante”, la peggiore in assoluto, tutta una serie incredibile di casualità fortunose ed alcune veramente fortuite contribuirono a che io possa essere qui testimone di una gravissima causa di morte dei nostri tempi.

In quel periodo oltre ai tanti impegni di lavoro e le arrabbiature ad esso connesso, seguivo per hobby i ragazzi di una rappresentativa provinciale giovanile per la Federazione Calcio e tra le altre coincidenze l’allenamento era previsto per il giorno prima, come avevo sempre fatto… Un dolore lancinante alla “bocchetta” dello stomaco, mentre all’altezza di Sambucheto mi stavo recando al campo di gioco della cittadina rivierasca. Poi tutto era scomparso e non gli avevo dato troppa importanza andando regolarmente in panchina. Secondo me era tutto passato. Per mia fortuna il custode del campo sportivo non si era fidato e aveva chiamato l’ambulanza: io quasi ne ero rimasto disturbato ed un po’ seccato. Fu la mia fortuna. I sanitari del 118 capirono subito la gravità del caso, pur essendo non facile, come mi disse il giorno dopo il primario dell’ospedale di Civitanova, dove qualche ora dopo, all’atto dell’arrivo del collasso vero e proprio mi installarono all’istante un piccolo ma potente defibrillatore provvisorio, che mi fece ripartire immediatamente il cuore un po’ birichino. Non subii praticamente nessun danno ed ebbi salva la vita. Come descrissi nei giorni successivi questa terrificante esperienza, ci fu un finale molto lieto. Forse un’entità soprannaturale fece di tutto per salvarmi la vita perché scoprissi e denunciassi tutte le incredibili vicende, irregolarità e indecenze che in quel momento vivevo, e in seguito avrei vissuto, sulla mia pelle!

Gabriele Cipolletta

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Gabriele Cipolletta 2021-10-05
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