«Un vecchio conte anconetano di nome Ruggero Aleandri è in cerca di un destino che lo riscatti dal suo vuoto esistenziale. Ha sempre cercato nell’Arte una catartica via di fuga dal suo matrimonio disastrato e dalla sua misantropia spirituale. Si illude così di sentirsi protetto nella sua solitudine e di confonderla con la sua elitaria ricerca estetica. Egli crede che la vita sia solo una questione interiore, che esista solo ciò che riusciamo a interiorizzare. Prima di morire spera di trovare l’ultimo capolavoro che domini su tutta la sua collezione. Quando finalmente lo troverà, l’apparente soddisfazione di questa vittoria lo condurrà a nuove rivelazioni e vecchi fantasmi lo sedurranno inesorabilmente».
Questa è la sinossi del romanzo, autopubblicato, di Marco Dignani, operaio settempedano da sempre appassionato di letteratura. Il titolo del libro è Gli occhi del destino, ordinabile online presso tutto il circuito degli store come Amazon, Rizzoli, Mondadori e così via.
Un testo «lasciato nel cassetto per almeno quindici anni – dichiara Dignani – poi, i due mesi di chiusura totale per via del Covid mi hanno spinto a riprenderlo. Se non mi fossi deciso in quella lunga costrizione non lo avrei più fatto, ed è stato importante trasformare quell’angoscioso periodo in qualcosa di positivo. Inoltre, volevo lasciare a mio figlio la testimonianza di una parte di me insondabile e irraggiungibile nel quotidiano».
Il nostro autore ha iniziato a muovere i suoi primi passi nella letteratura «intorno ai venti anni, con la poesia. Sono sempre stato attratto dall’arte e ho usato molti mezzi espressivi, da autodidatta naturalmente. Solo con la parola ho trovato l’immediatezza e l’allusività adatta alla mia urgenza creativa che mi era difficile ottenere con altri mezzi come la pittura, dove lo studio della tecnica è fondamentale. La parola è libertà, idea, e mette tutti alla pari».
La formazione dello scrittore è passata attraverso «i classici del Novecento: Mann, D’Annunzio, Hesse, Hemingway, Woolf, Kafka, Steinbeck, Sartre, Svevo, ecc. Dall’Estetismo all’Esistenzialismo insomma. Dal celebre “Dio è morto” di Nietzsche non si può più tornare indietro. Poi, la scoperta di Berne mi ha folgorato – racconta Dignani – e un po’ destabilizzato, ha spostato la lente dagli interrogativi dell’esistenza ai meccanismi che si insinuano nella nostra coscienza, che la fondano. Copioni e paradigmi che la letteratura ha sempre rappresentato, avvicinandovisi, senza mai codificarli e risolverli, perché la letteratura è innanzitutto il piacere di instaurare un legame, entrare in qualcosa di profondo o di effimero, e avere come faro l’emozione».
Infine, chiedendo all’autore quali siano, secondo lui, i punti di forza della sua opera, risponde: «Dicono che il racconto abbia uno stile ricercato, dettagliato e musicale, come se usassi la penna a mo’ di ripresa cinematografica. Questo forse racchiude il mio stile, il punto di forza che mi caratterizza maggiormente; ammetto che potrebbe rimanere un po’ “ostico” per chi ama la prosa più contemporanea, meno lenta e piena di colpi di scena, ma questa è la mia scrittura».
Con Gli occhi del destino, romanzo dove sono riscontrabili i miti letterari dell’autore e la sincera fascinazione per la letteratura in ogni sua forma, Marco Dignani vuole mettersi alla prova e sondare il riscontro del pubblico che ne deriverà.
Silvio Gobbi