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Giuliana Pascucci, Paolo Gobbi e Massimo Francucci
Giuliana Pascucci, Paolo Gobbi e Massimo Francucci

“Profonde radici” nell’arte di Paolo Gobbi e Adriano Crocenzi

Proseguono le visite alla mostra Come funamboli sul filo sospesi. Nei locali del Palazzo della Ragione Sommaria e della Chiesa della Misericordia, oltre ai turisti che con interesse rivolgono il loro sguardo alle opere di Gobbi e Crocenzi, in questi giorni si sono susseguiti anche altri esperti del mondo artistico. Infatti hanno visitato la mostra la storica e critica d’arte Maila Buglioni, Chief Editor della rivista d’arte “Segnonline”, Giuliana Pascucci e Massimo Francucci.

Giuliana Pascucci, insegnante all’Accademia di Macerata, si occupa di Museologia e critica d’arte ed è funzionaria alla Pinacoteca di Palazzo Buonaccorsi di Macerata; ha curato uno dei testi critici presenti nel catalogo: purtroppo, non ha potuto partecipare all’inaugurazione dell’esposizione lo scorso 5 giugno, ma ora è riuscita a visitare le due sedi della mostra. Massimo Francucci è storico dell’arte e funzionario alla Soprintendenza di Ancona. Entrambi hanno riscontrato nei lavori dei due autori settempedani un’espressione artistica che ha le proprie fondamenta in un linguaggio volto ad esprimere stabilità e precarietà, opere in perenne movimento, volte a portare il proprio carico di passato verso declinazioni future.

Di seguito, riportiamo le testimonianze dei due critici.

Giuliana Pascucci: « La mostra, promossa e realizzata dal Comune, permette al visitatore che cerca “sollievo culturale” di farne una buona scorta. I due artisti, pur lavorando in piena autonomia, hanno intessuto un dialogo intenso tra loro e il contesto che li ha accolti, dando corpo ad una sottile e acuta impalcatura visiva a sostegno di una ricostruzione culturale, sociale ed economica del territorio fortemente segnato dal sisma e dalla pandemia. Nonostante conoscessi il lavoro di Paolo per averlo studiato e recensito, quando sono entrata negli spazi allestiti da Shura Oyarce Yuzzelli, sono stata rapita da quella sinfonia d’incanto data dall’esperienza dello stare in bilico che i due artisti hanno magistralmente interpretato. Ho guardato a lungo quei sottili fili, espressione della precarietà che attanaglia il vivere contemporaneo e quell’intreccio di reazioni emotive è diventato parte del mio stato d’animo come riflesso allo specchio. Nel metabolizzarlo ne ho assorbito l’intenzionalità linguistica e la pacatezza del procedere per sottrazione. Oggi, più che mai, sono convinta che l’arte sia un balsamo, induca alla riflessione e apra a nuova prospettive. È esplorazione e rielaborazione, offrendo un contributo che di certo servirà ad affrontare le sfide future».

Massimo Francucci: «Solo un’arte dalle radici profonde e radicate come quella dei settempedani Paolo Gobbi e Adriano Crocenzi può essere tanto ponderata, grazie alla propria profonda meditazione, da trovarsi a proprio agio nelle due sedi in certo modo tanto diverse in cui è divisa questa elegante esposizione. Se infatti gli spazi del Palazzo della Ragione Sommaria possono, grazie al prezioso allestimento, smarrire il senso dell’antico e presentarsi nella veste di modernissima galleria, la chiesa di Santa Maria della Misericordia, un edificio in cui i segni del tempo non possono essere occultati rappresenterebbe un problema insormontabile per un’arte viva che non abbia la forza di dialogare con il passato. Ma il vissuto, il passare del tempo crea proprio i segni che si rintracciano, sebbene affinati dalla lunga pratica e dalla preziosa ricerca stilistica, nei dipinti di Paolo Gobbi che vi cerca la via di regolarizzare e dare un senso alle nostre esperienze, restituendocele in fasci energetici controllati e in istantanee di vita. Nonostante il tentativo di mascherarlo, è comunque evidente lo sforzo messo in campo per ottenere questo risultato, e che si risolve in una latente incertezza, in un trovarsi in bilico tra il vissuto e il pensato che costituisce una delle emozioni più forti offertami da questa arte. Un eterno movimento che porta e dà, costruisce e distrugge, cela e discopre, dissimula e allude come in una eterna risacca. Allo stesso modo le costruzioni plastiche di Armando Crocenzi, che come tanti artisti italiani di tutti i secoli si è giovato di un apprendistato in oreficeria, riescono a mantenere la propria rigorosa coerenza formale, con oggetti e materiali diversi, plasmati secondo la sensibilità dell’artista».

Dunque, i lavori di Gobbi e Crocenzi, realizzati “in piena autonomia”, intessendo ugualmente “un dialogo intenso tra loro”, sono lo specchio della loro storia e del loro lungo percorso artistico, influenzato dal tempo e dalle esperienze (tanto personali quanto collettive). Un’arte dalle “radici profonde e radicate”, capace di esprime quell’Io «portatore di ogni contenuto di cui abbia fatto esperienza, preformato rispetto a ogni contenuto esperibile» (Gottfried Benn). Perché, anche se l’arte di Gobbi e Crocenzi è influenzata dagli eventi circostanti, la sua manifestazione è sempre frutto di un nucleo interno, di un ormai quasi quarantennale linguaggio individuale che non ha mai rinnegato le proprie origini.

Silvio Gobbi

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