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Una delle manifestazioni cittadine in difesa del nostro ospedale
Una delle manifestazioni cittadine in difesa del nostro ospedale (era il 2016)

Sanità maceratese fra dubbi e lacune: “Maccioni, faccia un’inversione ad U”

Dall’avvocato Marco Massei, vice presidente del Comitato per la salvaguardia dell’ospedale “Bartolomeo Eustachio” di San Severino, riceviamo e pubblichiamo la riflessione che segue. E’ molto interessante, dà spunti di approfondimento particolarmente utili al dibattito sul futuro della nostra sanità.

Qualche giorno or sono, leggevo su una testata un’intervista rilasciata dal direttore dell’Area vasta 3, Alessandro Maccioni, in cui il funzionario spiegava che “l’ospedale provinciale ora serve più che mai”. Addirittura rafforzava il concetto ribadendo in modo retorico: “Stiamo andando avanti con il nuovo ospedale. Anche dopo l’esperienza del coronavirus si chiederà qualcuno? A maggior ragione adesso…”.
E cosa si prevede per il vecchio ospedale di Macerata?, chiedeva l’intervistatore. Il Direttore, puntuale, precisava: “Penso si possa studiare una struttura dedicata alle emergenze, reparti da utilizzare in caso di epidemie come accaduto ora per il Coronavirus, altri piani destinati ad uffici…”.
E ancora. Alla domanda su come mai non si erano utilizzate le strutture presenti sul territorio (cioè i vecchi ospedali) per far fronte all’emergenza Covid-19 il dirigente dell’Asur precisava che “quelle strutture non servono all’utilizzo in emergenza. Si parla di edifici vecchi, non antisismici… L’unica struttura che si poteva utilizzare era San Severino che però non ha una rianimazione”.

Da qui alcune considerazioni.

  1. Ora si noterà che il Direttore Maccioni, come anche il presidente Ceriscioli e l’assessore Sciapichetti non usano più il termine di ospedale “unico” ma quello di ospedale “provinciale”. Si badi bene, il tentativo – in verità malcelato – è quello di non evocare il termine unico, che anche al profano fa venire in mente la sparizione degli altri. Usano il termine provinciale, che è più soft, più equivoco, più morbido. In realtà, la sostanza non cambia: tutti sanno che in materia sanitaria la “coperta” è corta e i denari utilizzati per costruire una nuova struttura di quel genere (oltre 600 posti letti) costringerebbero la Regione a sopprimere o a ridimensionare fortemente tutti gli altri ospedali che, nella migliore delle ipotesi, “retrocederebbero” a “ospedali di comunità”. In pratica una “Rsa”. E’ bene, dunque, non abboccare all’amo delle distinzioni terminologiche: ospedale unico e ospedale provinciale sono la stesa cosa!
  2.  Per quanto riguarda l’ospedale “vecchio” di Macerata sorprende leggere che sarebbe in previsione di destinarlo a “ospedale di riserva”, per le emergenze. Ma come, si dirà il cittadino medio (come il sottoscritto), dopo le enormi spese affrontate per l’ampliamento dell’ospedale, ora la struttura rinnovata la si usa solo come “riserva” o, peggio ancora, per destinarla a una più comoda sede amministrativa? Ma se da tutte le parti – pubbliche e private – si predica l’incentivazione (attuale e futura) dello smart working (o lavoro agile, da casa, con il Pc) come può sussistere la necessità di ampliare le sedi amministrative?!
  3. Sull’ospedale di San Severino, il Direttore Maccioni afferma che è l’unico ospedale idoneo, anche se non ha rianimazione: peccato, però, che non ha riferito che questo nosocomio è attualmente strategico per l’intera provincia (soprattutto per i No-Covid, come si dice ora) e che solo grazie all’efficienza di tale ospedale – per cui in tanti ci siamo sempre strenuamente battuti – si è evitata una tragedia nella drammatica emergenza del Covid. E, soprattutto, rammarica leggere che il presidio ospedaliero settempedano – così come segnalato dal primo cittadino – sia anche scomparso dalle “carte” della programmazione regionale. Infatti, le delibere regionali n. 272 del 9 marzo e 320 del 12 marzo dimenticano, clamorosamente, il ruolo dell’ospedale di San Severino Marche. Ora, è stata una svista (e sarebbe grave) amministrativa della Dirigente? Oppure è una “dimenticanza” voluta (e sarebbe ancor più grave)? Qualcuno dovrà chiarire, rispondere, ma ad oggi mi risulta che il silenzio regni sovrano!
  4. Credo, allora, che sia giunto il momento di attuare una vera programmazione della sanità marchigiana, salvaguardando l’efficienza che aveva in passato, basata proprio sulla capillarità delle strutture sanitarie: la regione Marche, come sostiene qualcuno, va declinata al plurale, perché è fatta di profonde differenze orografico-territoriali (costa, collina, montagna), di importanti distinzioni economiche (il tessuto produttivo anconetano, pesarese, rispetto a quello della costa maceratese e ascolano e, ancora, rispetto all’interno), di forti differenze viarie (autostrade, strade a scorrimento veloci, strade comuni e vie impervie). Tali distinte realtà, in sede di programmazione, anche sanitaria, non possono essere considerate uniformi! Inoltre, amministrare vuol dire programmare, vedere in avanti, non navigare a vista, senza una meta precisa: le scelte devono essere ponderate in vista del futuro, senza la necessità (tipicamente italiana) di rincorrere l’emergenza! La parola magica è una sola: prevenzione! Qui, però, per così dire, casca l’asino.
  5. In questa tremenda situazione surreale che stiamo tutti vivendo sulla nostra pelle, non ho sentito discutere di prevenzione: non si parla della necessità di reperire personale per effettuare l’esecuzione di tamponi (Il Veneto ha un tasso di letalità molto inferiore alla Lombardia proprio perché ha effettuato tanti tamponi, isolando tempestivamente i casi sospetti); non si parla dell’opportunità di verificare l’osservanza della quarantena fiduciaria, al fine di evitare i “contagi domestici”; nulla ho sentito in merito all’esecuzione di necessarie indagini epidemiologiche; e, soprattutto, della probabile necessità di dover allestire – ci si augura al più presto o, comunque, entro pochi mesi – centri di vaccinazione cui afferirà gran parte della popolazione quando sarà pronto e distribuito il vaccino anticoronavirus.
    Allora, non è il caso di spendere i soldi per queste indispensabili attività di prevenzione, anziché spenderli in “murature “ nuove?
  6. La saluto, signor Direttore, con il monito del sindaco di Milano, Sala (che non credo sia l’ultimo arrivato). In un’intervista rilasciata al Corriere della Sera del 28 marzo, il primo cittadino meneghino ammoniva: “Una riflessione sul sistema sanitario lombardo va fatta. Dopo? Certamente sì, ma già oggi è sotto gli occhi di tutti che certe scelte hanno costituito un elemento di debolezza”. E poi ha precisato: “In Lombardia, a differenza di Emilia e Veneto, si è puntato più sulle grandi infrastrutture ospedaliere, anche private, a scapito della rete sociosanitaria del territorio, consultori, medici di base. Sono proprio questi ultimi a denunciare le loro difficoltà. Stanno facendo una battaglia che va al di là delle loro forze senza strumenti adeguati”. Dottor Maccioni ci rifletta e faccia un’inversione ad U.
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