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Gabriele Cipolletta
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Gabriele Cipolletta: “Il virus ha bloccato tutto, non solo il calcio, ma possiamo uscirne”

Come finirà la stagione calcistica? Se ne dicono tante in questi giorni di stop, ma è difficile ipotizzare ora delle soluzioni. Ne parliamo con Gabriele Cipolletta, già calciatore, allenatore e dirigente di società.

“Sarebbe troppo bello poter concludere la stagione ripartendo dal 3 aprile, ma credo razionalmente che la cosa sia altamente improbabile e soprattutto molto rischiosa. Se si potesse ripartire a maggio, si potrebbe – dopo aver rifatto una preparazione adeguata – giocare le restanti partite a una cadenza temporale più elevata. Si potrebbe fare questo annullando gli Europei e prorogando la stagione regolare fino a luglio, con i relativi oneri e impegni economici e burocratici. Secondo me, i play off e i play out sarebbero una sconfitta, anche e soprattutto perché riprendere un’attività e una preparazione per solo poche gare, ancorché importanti, avrebbe poco senso. Ma quasi tutto dipende dal Coronavirus e un po’ anche da noi e dal nostro comportamento responsabile”.

Ci sono precedenti del genere?

“L’unico campionato interrotto in Italia fu quello del 1914-15 a causa della Grande Guerra. Il torneo nazionale si chiamava “1^ Categoria” ed era iniziato nel 1898. Fino al 1911-12 avevano partecipato solo squadre del nord. Nel 1914-15 le squadre iscritte erano 36 del nord, 13 del centro (Lazio 6, Toscana 7) e 2 del sud (entrambe di Napoli). Fino al 23 maggio si giocò con la massima regolarità possibile. Al girone finale del nord giunsero Genoa, Inter, Torino e Milan. Mancavano solo 2 gare: Genoa-Torino e Milan-Inter; la classifica era la seguente: Genoa 7 punti, Inter 5, Torino 5, Milan 3. Poi ci fu l’interruzione. Nel centro Italia la Lazio era in testa con 10 punti, seguita da Pisa 8, Roman 6 e Lucca 0. Pure qui mancavano 2 gare: Lazio-Lucca e Pisa-Roman. Al sud era stata disputata l’andata di Napoli- Naples (3-0), poi ci sarebbe stata la finale centro-sud. Quindi, la finalissima nazionale tra le vincenti del nord e del centro-sud, ma venne fermato tutto e il titolo non fu assegnato”.

Scenari diversi, difficile fare parallelismi…

“Già… Ad esempio, oggi lo slogan è “Io resto a casa”, che contrasta con quanto accadde nel 1914-15. Allora nessuno poteva restare a casa, altrimenti non avremmo vinto la guerra. Poi, se qualcuno cercava di rimanerci, veniva prelevato e portato di forza al fronte. E soprattutto, quando stavano in trincea, se non andavano all’assalto o retrocedevano, venivano fucilati all’istante dai compagni. Fuoco davanti e fuoco dietro. Occorreva molto coraggio, ma anche molta fortuna, come succede in fondo anche oggi”.

Per il Coronavirus è ottimista?

“Io sono sempre stato ottimista per natura. Oggi lo sono ancora di più. Scherzando, ma non troppo, con alcuni amici ho detto che, dopo aver passato in tutti i settori della mia vita – idealmente e realmente – 6 anni dentro al tunnel, con “Virus umani furbacchioni” che mi assaltavano da ogni parte, e dopo essermi salvato, come posso aver paura di questo pericoloso e vigliacco virus?! Sono allenatissimo. Non mi sono perso d’animo neppure quando intravedevo il 5% di luce con le tenebre al 95%. Mi sono concentrato su quel 5% che, poco a poco, ho portato al 100%. Occorrono coraggio, forza di volontà, determinazione e non mollare mai”.

m. g.

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