Max von Sydow è deceduto. Stava per compiere il suo novantunesimo anno di vita, ma la morte è giunta prima. Attore di fama internazionale, ha partecipato ad una sterminata serie di film, recitando per registi di tutto il mondo: Ingmar Bergman, Sydney Pollack, David Lynch, Martin Scorsese, Julian Schnabel, Ridley Scott, Wim Wenders, Woody Allen, Alberto Lattuada, Francesco Rosi, Valerio Zurlini e molti altri ancora. Un attore poliedrico, capace di interpretare qualsiasi ruolo, dall’illusionista de Il volto di Bergman (1958) a padre Lankester Merrin de L’esorcista (di William Friedkin, 1973). Max von Sydow era un attore di un’altra epoca: formatosi con l’attività teatrale, era capace di portare la presenza scenica nel cinema. Come il teatro insegna, egli sapeva integrasi nella scena e far parte di una inquadratura senza mai stonare o essere di impiccio: un modo di recitare oggi sempre più raro da trovare. Analizzare e trattare la sua intera filmografia sarebbe un’opera lunga per uno spazio così piccolo: in sintesi, egli è stato capace di portare sullo schermo una profondità mai scomposta, una mimica mai esasperata, donando ad ogni suo ruolo, anche il più secondario, una caratterizzazione unica. Tra tutti i registi con cui ha lavorato, sicuramente il più importante per la sua carriera è stato Ingmar Bergman (per il quale ha recitato in numerose e significative pellicole, come L’ora del lupo e Come in uno specchio, giusto per dirne due). Con Bergman è cominciata l’ascesa cinematografica di von Sydow recitando, a soli 28 anni, come protagonista nel film Il settimo sigillo, del 1957: uno dei migliori film del cineasta svedese, adattamento cinematografico di uno spettacolo teatrale di Bergman stesso Pittura su legno (1955). Max von Sydow, un giovane dall’espressione già pienamente adulta, interpreta il ruolo del cavaliere Antonius Block, un uomo tornato dalle Crociate nella sua terra, in un Nord Europa non nettamente definibile. In questa terra devastata dalla peste e dalla morte, Antonius gira per le foreste ed i villaggi miseri. D’improvviso, al cavaliere appare la Morte, con la quale inizia una partita a scacchi: quando la Morte vincerà, potrà prendere la vita dell’uomo. Mentre Block gioca questa partita a scacchi, egli continua il suo viaggio, cercando di appagare il suo innato ed inestirpabile dubbio sull’esistenza di Dio: vuole approfittare del tempo che occorre per terminare il gioco con la Morte per trovare, nel suo peregrinare tra anime vive ma perdute, la risposta ai suoi dubbi esistenziali. Il peso del silenzio divino, l’impossibilità di dare un volto definitivo a Dio, tormentano atrocemente il cavaliere. Un cammino che termina con la vittoria della Morte, come accade nella vita reale. E già in quel ragazzo così immerso in un ruolo così forte, intenso, degno di un attore navigato come si suol dire, era ravvisabile il talento che Max von Sydow ha poi dimostrato lungo tutta la sua carriera. Ora ha definitivamente concluso la sua vera e lunga partita a scacchi con la Morte, quella partita che tutti noi, spesso inconsciamente, giochiamo giorno per giorno, senza sapere mai se le nostre mosse siano quelle giuste o quelle letali. Ma ricorderemo ogni sua interpretazione come una astuta e riuscita mossa della sua partita a scacchi, cominciata da giovanissimo: una partita che non ha perso, ma soltanto terminato.
Silvio Gobbi