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Benedetto e Don Sauro

Il ricordo di un amico: “Che belli quegli incontri con Don Sauro”

Premetto che non sono stato un parrocchiano di Don Sauro per cui non posso giudicarlo come sacerdote; non sono stato neanche un suo studente, ragion per cui non sono neanche in grado di giudicarlo come insegnante. Tornerò su questa breve premessa alla fine di questo breve discorso.
Io sono stato uno dei compagni di cena di Don Sauro. Sapete tutti che Don Sauro ogni sera amava cenare con qualche amico. Era una sua conosciuta abitudine. Nel corso degli anni aveva formato delle squadre di amici con cui cenare. Ogni sera una squadra diversa. Si pagava “alla romana”. Io facevo parte della squadra del lunedì. Con me vi era sempre il professor Gianni Dignani, spessissime volte la professoressa Anna Vissani, ultimamente si era unito a noi mio figlio Fabio. La mia squadra ha operato per circa quindici anni. Sempre. Ogni lunedì. Poche assenze e sempre dovute alle esigenze di ferie. Si andava quasi sempre al Ristorante di Julio (come lo chiamava lui).
Di conseguenza io ho conosciuto bene l’altro Don Sauro. Quello, per così dire, privato. Quindi ho conosciuto il Don Sauro brontolone, nervoso, sclerante. Caratteristiche che lo hanno reso noto a tutti, accettato ed amato da tutti. In quanto troppo vero, troppo spontaneo, troppo normale!
Del resto come puoi non adorare chi prima ti fa una domanda e poi si arrabbia e sclera se dai la risposta a quella domanda? Ne sanno qualcosa Laura e Katia che prima si sentivano chiedere l’elenco dei piatti del menù e poi dovevano sorbirsi una collerica reprimenda non appena cominciavano a snocciolare l’elenco dei piatti appena loro richiesto.
Ma che belli quegli incontri! Non c’era nulla di speciale eppure sembrava ci fosse tanta roba! Don Sauro (il Monsignore, come lo chiamavo io) molto spesso si lasciava andare ad inattesi ringraziamenti riguardo la nostra disponibilità ad accompagnarlo sempre a cena. Ringraziamenti che ci sembravano esagerati. In quei momenti Don Sauro acquisiva serenità. Forse contentezza. Persino, se non è esagerato, gioia. Il che mi porta a due considerazioni, così scontate e, purtroppo, così ignorate. La prima è che basta poco per essere felici, seppur per un attimo. E’ sufficiente un tramonto, un sorriso o una cenetta tra amici. La seconda è che basta un niente per far felice una persona. Basta una parola, una pacca sulla spalla o, per l’appunto, essere disponibili per un incontro a cena.
Durante quelle cene si parlava soprattutto di calcio (il Monsignore faceva “intravvedere” una “tenue” simpatia per una squadra torinese. Quella con la maglia a strisce) e di politica (il Monsignore non nascondeva una certa disistima per il Cavaliere). Soprattutto si lasciavano, per un attimo, i problemi in disparte e si scherzava. Si scherzava su tutto e si rideva di tutto. Anche Don Sauro non disdegnava di scherzare e a ridere ma poneva due paletti.
Non voleva si scherzasse sulla sua missione di pastore e sulla sua capacità ad insegnare. Lì non era permesso deragliare.
Questo mi ha fatto capire che nella sua semplice vita Don Sauro ha voluto inseguire due obiettivi: essere un buon prete e un buon insegnante. A quelle due cose ci teneva. Ci teneva così tanto che non ammetteva riserve. Neanche per scherzo, come detto.
Da parte mia, e così torno alla premessa, non posso giudicarlo né come prete né come insegnante. Ho spiegato il motivo. Sulla sua buona vita pastorale ha testimoniato magistralmente il suo amico Cardinale durante l’omelia funebre mentre sulla sua opera di buon insegnante testimoniano ancor oggi i tanti messaggi facebook dei suoi studenti. Di conseguenza, caro dolce brontolone Don Sauro, ora che hai completato il tuo ultimo cammino e sei arrivato alla meta che ti sei meritato puoi essere fiero nel sapere che tutti, ma proprio tutti, hanno sentenziato che sei stato un buonissimo sacerdote e un buonissimo insegnante. Insomma: missione compiuta!
E siccome ti immagino già intento a giocare la solita partitella a briscola con alcuni dei tanti amici che hai reincontrato nel luogo ove sei ora, mi permetto di suggerirti di non arrabbiarti se la carta giusta non arriva. Arriverà al giro successivo.
Riposa in pace Monsignore caro!

Benedetto Sciapichetti

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