Giovedì 7 e venerdì 8 novembre (ore 21) quinto appuntamento al cineteatro Italia per la rassegna di cinema, curata dai Teatri di Sanseverino e dal Cinema San Paolo, con il film Un giorno all’improvviso, regia di Ciro d’Emilio, con Anna Foglietta e Giampiero De Concilio.
Di seguito, la recensione dell’opera.
Antonio (Giampiero De Concilio) è un adolescente che vive con la propria madre, Miriam (Anna Foglietta). Il ragazzo, ancora minorenne, non studia, ma si arrangia lavorando come benzinaio ed è un calciatore promettente. La madre, invece, è un disastro: mentalmente disturbata, con un forte esaurimento ed una pesante depressione, rende la vita di Antonio veramente difficile. Il ragazzo fa di tutto per aiutare la madre, ma le ossessioni di lei, spesso, sono incontenibili e pericolose (per lei stessa e per il figlio). Vivono in una anonima città campana: una realtà che offre loro poche e rare occasioni di riscatto. Un giorno all’improvviso, dramma di Ciro D’Emilio, porta sullo schermo una storia di periferia, di emarginazione, di vita dura. Un soggetto già noto, largamente rappresentato nella letteratura e nel cinema: una ripresa del tema neorealista che ha fatto la storia culturale del nostro Paese. Ma proprio per questo rischia di cadere nel già visto: fondamentalmente, la scintilla di novità è assente e, tutto sommato, la narrazione si sviluppa come ci si aspetterebbe. Buone le interpretazioni dei protagonisti, specialmente Anna Foglietta, vincitrice, infatti, del Nastro d’argento come “Migliore attrice protagonista”. Regia lineare: D’Emilio rappresenta una vicenda che già conosciamo con eleganza e pulizia, cercando, per quanto possibile, di non cedere agli stereotipi del genere e del contesto. Un po’ come in Manuel (ottimo film del 2017 di Dario Albertini), Antonio è un ragazzo buono che si ritrova a vivere in una situazione da lui non controllabile, una realtà a lui imposta, dove cerca di sopravvivere il più onestamente possibile. Ma potrà mai uscirne del tutto? Riuscirà a riscattarsi? Su questo, Ciro D’Emilio ci lascia con un bel punto interrogativo.
Silvio Gobbi