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Home | Cultura | Recensione cinematografica. L’opera “Border” di Ali Abbasi
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Border - Creature di confine
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Recensione cinematografica. L’opera “Border” di Ali Abbasi

Pubblicato da Mauro Grespini in Cultura 917 Visite

Tina (Eva Melander) è una donna dall’aspetto particolare, tra il primitivo ed il mostruoso. Lavora alla dogana svedese per via di una sua particolare dote: può “fiutare” i sentimenti della gente (vergogna, paura, felicità, rabbia…), scoprendo così quando qualcuno cerca di fare il furbo, tentando di far entrare del materiale illegale nel paese. La donna è molto abitudinaria: vive con il compagno scroccone, periodicamente visita l’anziano padre ricoverato in una casa di riposo, e adora passeggiare nel bosco che circonda la propria abitazione. Un giorno, al lavoro, incontra Vore (Eero Milonoff), un tipo dall’aspetto molto simile al suo. La curiosità è così forte che Tina decide di ospitarlo in casa sua. I due si avvicinano sempre di più: Tina prova qualcosa di profondo per Vore, un personaggio ambiguo che farà capire alla protagonista la sua vera natura non umana, ma mitica e fiabesca. Da quel momento, la vita di Tina non sarà più la stessa: cercherà di ricostruire il proprio passato e scoprirà il lato oscuro e mostruoso di Vore, accecato dall’odio e dalla vendetta.
Border – Creature di confine (Gräns), del regista iraniano (residente tra Svezia e Danimarca) Ali Abbasi è un lungometraggio che non può essere etichettato, come la protagonista. Una pellicola tra il dramma, l’orrore, il fantasy, il grottesco, l’amore: c’è di tutto in questa ora e quaranta. Sceneggiato insieme allo scrittore svedese John Ajvide Lindqvist (il lungometraggio è ispirato ad una sua opera), Abbasi realizza un film che tenta di approdare ad un nuovo genere cinematografico, caratterizzato da un’ottica differente, frutto di una fusione di generi e racconti già visti. Tina è una creatura al limite, tra l’umano ed il non, per tutta la vita cerca la verità, ed il film è (come la protagonista) in continua ricerca di una nuova ed autentica identità, facendo smarrire lo spettatore in una realtà al di fuori dei consueti canoni. Il pubblico deve attendere per trovare il filo ed entrare nel vivo della vicenda, come Tina deve attendere l’arrivo di Vore per cominciare a scoprire lei stessa. Premio “Un Certain Regard” a Cannes 2018, fotografia e regia sono impeccabili, la costruzione è autoriale, con una trama che oscilla tra clichés e colpi di genio. Il regista riesce a reggere agli eccessi grotteschi, agli stereotipi in cui cade, costruendo una vicenda dalla angolazione nuova: un miscuglio che cerca di condurre il pubblico ad un cinema di confine, “border”, “gräns”, ancora da realizzare e pienamente scoprire. Un cammino cinematograficamente lungo, come quello di Tina per accettare la sua vera vita e natura.

Silvio Gobbi

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recensione cinematografica 2019-03-30
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