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"A casa tutti bene"
"A casa tutti bene"

La recensione, “A casa tutti bene”: mica tanto!

Una grande famiglia si riunisce per festeggiare i cinquant’anni di matrimonio di Alba (Stefania Sandrelli) e Pietro (Ivano Marescotti). Nell’isola dove si festeggia, sono presenti i figli di Alba e Pietro, Carlo (Piefrancesco Favino), la sorella perfettina Sara (Sabrina Impacciatore) e l’attuale compagna di Carlo, l’insicura e nevrotica Ginevra (Carolina Crescentini). Vengono poi raggiunti dai restanti parenti: il poeta “on the road” Paolo (Stefano Accorsi), fratello di Carlo e Sara; Diego (Giampaolo Morelli), il marito di Sara; il cugino spiantato Riccardo (Gianmarco Tognazzi) con la moglie Luana (Giulia Michelini); l’altro cugino, affetto d’Alzheimer, Sandro (Massimo Ghini), con la compagna Beatrice (Claudia Gerini). Alla lista, si aggiungono anche Elettra (Valeria Solarino), ex moglie di Carlo, malvista da Ginevra, e la cugina Isabella (Elena Cucci). Una volta tutti insieme, i membri festeggiano le nozze d’oro dei decani di casa: vanno a messa, banchettano e parlano, si rincontrano, si confrontano e si scontrano. Purtroppo un contrattempo meteorologico blocca la famiglia nell’isola. La convivenza coatta fa emergere i lati peggiori di tutti: Carlo si dimostra un debole; la nevrastenica insicurezza di Ginevra raggiunge livelli parossistici; Paolo ha un’avventura amorosa con la cugina Isabella; Diego nasconde a Sara un tradimento; e per non farci mancare nulla, Riccardo e Luana non riescono ad ottenere aiuto economico dai propri parenti. Quando il vento si placherà, tutti ripartiranno e torneranno alle proprie vite. Ognuno ha trovato le proprie conferme e smentite, e chiunque si è dimostrato in qualche modo falso.

A casa tutti bene, di Gabriele Muccino, è una pellicola dove si sommano stereotipi drammatici già noti, con dei cliché che chiunque ha già visto. Tradimenti, bugie, matrimoni che si reggono sulle menzogne: nessuna novità. La tecnica di Muccino è buona, sa gestire bene l’utilizzo della telecamera ed i movimenti di macchina a seconda delle situazioni drammatiche. Purtroppo però, in questo film, la bravura si nota solo nella forma visiva e non nella sostanza della sceneggiatura. I personaggi rimangono troppo vincolati a degli schemi macchiettistici. Sul versante femminile, le attrici più interessanti sono Carolina Crescentini e Valeria Solarino: la prima riesce ad essere perfettamente insicura ed odiosa, l’altra sa essere pacata e forte al tempo stesso. Sul lato maschile, è degna di nota l’insolita e bonaria veste di Massimo Ghini. Solitamente abituati a vederlo come il personaggio furbo ed opportunista, qui riesce ad entrare bene nel ruolo del debole e confuso malato di Alzheimer. Per il resto, è difficile trovare qualcos’altro di positivo. Questo lungometraggio non riesce a distinguersi da molti altri. Muccino ha voluto fare un film incentrato sulla famiglia: argomento rischioso, perché è uno dei soggetti più utilizzati in generale. Specialmente il nostro cinema ha sfornato svariati capolavori a riguardo, come Parenti serpenti (Mario Monicelli, 1992) e La famiglia (Ettore Scola, 1987): lavori come questi (e molti altri non citati) sono sempre un grosso punto di riferimento, difficili da superare ma necessari nel confronto. Gabriele Muccino può fare di più: ad esempio Ricordati di me (2003) e La ricerca della felicità (2006) sono migliori rispetto al lavoro qui trattato. Questa volta non ha dato il massimo, producendo una storia che si trascina e che rimane sospesa, terminando senza un vero e proprio epilogo.

Silvio Gobbi

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