“Think tank”: espressione inglese per descrivere un gruppo di persone (esperte di politica, economia e società) adibito allo studio di strategie economico-politiche al fine di poter risolvere determinati problemi sociali. Il “think tank” del nostro protagonista, Giovanni (Antonio Albanese), si occupa di studiare come rilanciare le periferie italiane attraverso lo stanziamento di fondi europei. Il nostro dottore è un uomo progressista, colto, figlio di quella generazione che voleva cambiare il mondo: egli parla di periferia, della ricchezza delle «contaminazioni tra culture» e della necessità del riscatto di quelle «persone povere, ma autentiche» che abitano ai limiti della società (in proposito, cita pure Pasolini). Un giorno, la figlia di Giovanni, la tredicenne Agnese (Alice Maselli) si fidanza con il coetaneo Alessio (Simone de Bianchi), ragazzo romano del problematico quartiere di Bastogi, figlio di Monica (Paola Cortellesi), donna energica che si arrangia lavorando in una mensa, e del galeotto Sergio (Claudio Amendola). Giovanni e Monica si frequentano sempre di più per via di questa relazione tra i figli, ed i loro mondi entrano così in contatto: il “borghese illuminato” Giovanni tocca di prima mano la realtà di un quartiere periferico, tra delinquenza e contrasti multietnici, mentre l’aggressiva Monica comincia a smussare la sua diffidenza nei confronti degli uomini politici (apostrofati, sin dal principio, come «quelli che ci hanno rovinato», rendendo tutto «un magna magna»; alla fine, Monica capisce che non tutti mangiano e basta). Come un gatto in tangenziale, di Riccardo Milani, è una commedia sulle differenze, che parte dagli stereotipi (un borghese progressista, ma completamente estraneo alla realtà che tanto mitizza e una donna di periferia, resa coriacea e grezza dalla dura vita) per poterli rielaborare e riscrivere, creando così un racconto piacevole e divertente, uno spettacolo sulle diversità ritmato e originale (il film si è inoltre aggiudicato nei recentissimi “Nastri d’argento” il premio come “Migliore commedia”). I bravi protagonisti di questa pellicola risultano naturali nei loro ruoli: vivono i loro personaggi pienamente, senza essere stucchevoli o macchiettistici; non ci sono forzature caricaturali (Paola Cortellesi ed Antonio Albanese si sono meritatamente guadagnati, sempre ai “Nastri d’argento”, rispettivamente i premi come “Miglior attrice” e “Migliore attore” di commedia). I due mondi si incontrano, si scontrano e poi cominciano un po’ a fondersi insieme: Monica trascina Giovanni nella affollatissima spiaggia di “Coccia de morto”, dove ci si accalca per un ghiacciolo e si mangia come Sora Lella anche se ci sono quaranta gradi all’ombra; Giovanni, per “ricambiare”, porta la nostra spontanea donna di strada nella deserta spiaggia di Capalbio, dove incontra solamente la giornalista Franca Leosini, figura televisiva totemica per la bella protagonista di periferia. Il film è costellato da questo continuo scambio tra ambienti diversi, tutti ricchi e poveri al tempo stesso, ricchi nelle diversità, dove le differenze tra soggetti, all’inizio insormontabili, trovano poi un punto di contatto. Non c’è alcun intento moralizzatore da parte dell’autore: nessuno dei due mondi è il migliore, nessuna delle due parti ha il compito di salvare e correggere l’altra, perché entrambe imparano a vedere nelle differenze altrui qualcosa da cui attingere. Giovanni apprende la ricchezza della spontaneità di quella gente e capisce quanto in realtà lui fosse solamente un ricco, quindi «l’essere più solo al mondo» (come diceva il personaggio di Aldo Fabrizi in C’eravamo tanto amati, di Ettore Scola, 1974); Monica, entrando in contatto con la visione positiva del mondo di Giovanni, acquisisce fiducia e capisce che può tentare di migliorare la propria vita gradualmente. Come un gatto in tangenziale vuole insegnarci come la vera ricchezza derivi di più dalle esperienze impensabili e assurde della vita che dal denaro in sé (anche se qualche soldo non guasta mai).
Silvio Gobbi