di Alberto Pellegrino
Un evento musicale di grande valore culturale e musicale si è svolto il 28 aprile nella grande piazza di San Severino divenuta per una notte il fantastico contenitore di un avvenimento che ha richiamato un folto pubblico e che da anni non si verificava nella nostra città. Il concerto è stato preceduto da un’introduzione che ha avuto una solennità istituzionale con un appassionato ringraziamento del sindaco di San Severino Rosa Piermattei e con la presenza sul palco di tutti i sindaci dell’Alto Maceratese a sottolineare una volontà di reciproca solidarietà e di comune volontà per superare un periodo di tragica emergenza.
Vecchioni, durante la conferenza stampa, ha tenuto a precisare che è venuto a San Severino per proporre al popolo della piazza non stereotipi ma poche e semplici cose come il sentimento del vivere, l’amore universale, la solidarietà, l’invito a non cadere nelle trappole della pubblicità ma essere liberi di pensare con la propria testa, esaltare la bellezza e il valore delle donne senza le quali non sarebbe nemmeno iniziata la storia dell’umanità e senza le quali oggi l’uomo sarebbe una nullità: messaggi ed emozioni da far cadere sul terreno fertile, perché germoglino come fa il seminatore del Vangelo. Il mondo dei cantatori italiani è stato un fenomeno culturale degli anni Settanta/Ottanta formatosi in un particolare contesto storico; oggi c’è aria di crisi perché certi valori, certe parole hanno perso di profondità, sono diventate superficiali e prive di significati profondi, ma non bisogna mai perdere la fiducia e la speranza nel futuro.
Autore di canzoni, poeta e narratore, Vecchioni ha sempre avuto uno stretto legame tra musica e letteratura, ispirandosi ai grandi miti letterari come Saffo, Orfeo ed Euridice, Ulisse, la bellissima storia di Gaston e Astolfo; ai grandi scrittori di oggi tra cui Cesare Pavese, Rimbaud, Hemingway (Il vecchio e il mare), Alda Merini, Wislawa Szymborska. A conclusione della conferenza stampa egli ha annunciato che a ottobre uscirà un nuovo album con dodici brani inediti. Tra questi ce ne sarà uno intitolato L’infinito, evidentemente ispirato al capolavoro di Leopardi, una canzone a cui l’autore si sente particolarmente legato, perché ricostruisce l’ultimo anno di vita di suo padre. Vecchioni rifiuta l’idea di un Leopardi visto come un nemico della natura e dell’universo, come un pessimista totale come per anni l’hanno insegnato nelle università. Studiando la vita e alcune opere del poeta, si può infatti comprendere che per Leopardi ciò che conta per un uomo è dare tutto se steso e “vivere il momento” e per questo la canzone, costruita su Leopardi, afferma Vecchioni che “Ha un finale in cui lui dice: ‘Basta, non voglio più soffrire, il dolore se ne può andare’”.
Roberto Vecchioni ha aperto il concerto con una dichiarazione d’amore verso le Marche e i suoi abitanti di una regione politicamente e culturalmente sottovalutata ma invece ricca di tesori d’arte, di meravigliosi paesaggi, di un patrimonio culturale che parte dal mondo antico per arrivare fino ai nostri giorni. Il popolo marchigiano è fatto di gente semplice, che sa essere concreta, che ama le piccole cose di tutti giorni ma che respira anche un clima fatto di gradi tradizioni storiche e artistiche, gente che non piange ma che vive con dignità e con forza e che saprà risorgere e andare avanti anche dopo una serie di sciagure, perché quando si ama la vita prestò tornerà il sereno.
Il “professore” della musica italiana, richiamandosi a quanto dichiarato alla stampa, ha adottato come filo conduttore del concento i temi contenuti nel suo ultimo libro La vita che si ama. Storie di felicità (Einaudi, 2017), a cui è allegata la compilation Canzoni per i figli che contiene brani tratti dal suo repertorio, tenuto insieme da “un filo narrativo” che inizia con il raccontare il “mestiere di padre” che parla dei propri figli nella gioia e nel dolore (Le rose blu, La mia stanza, Le mie ragazze, Figlia, Figlio Figlio Figlio, Piccolo Pisello Un lungo addio) e della bellezza di essere nonno grazie a Due madri. Con un ribaltamento dei ruoli l’uomo Vecchioni diventa figlio rivolgendosi alla figura del padre (Quest’uomo) e alla madre alla quale ha dedicato la canzone Dimentica una cosa al giorno e l’inedito, appassionato e commovente monologo Che c’eri sempre.
Naturalmente in scaletta ci sono stati anche alcuni brani “classici” come La mia ragazza, un omaggio al suo mestiere; El bandolero stanco, il ritratto del fallimento ideologico della nostra generazione, ma anche segno di speranza; Sogna ragazzo sogna, un appello alle nuove generazioni a non mollare mai; Lettere d’amore, la canzone dedicata al poeta portoghese Ferdinando Pessoa, una delle tante che mostrano il profondo legame di questo artista con il mondo della letteratura; Chiamami ancora amore, che ha segnato il suo trionfo a Sanremo. E non potevano mancare a chiusura dell’evento (conclusosi con un bagno di folla) di due “superclassici” come Luci a San Siro e Samarcanda.