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Cinema, “The Kid – Sherlock Jr.”: due “capo-lavori”

Il cinema muto sta cominciando a riacquistare la propria dignità ed importanza: grazie ai finanziamenti di varie fondazioni, finalmente è in atto una vera e propria opera di restauro e rimessa in circolo di molti film muti degli anni passati. Ora possiamo, finalmente, rivedere al cinema alcune opere gloriose del passato cinematografico. In particolare, in questo articolo parlerò del dittico che gira da qualche tempo nelle sale: la doppia proiezione, in un’unica serata, di due cult del cinema degli anni Venti: The Kid (conosciuto in Italia come Il monello) di Charlie Chaplin (1921) e Sherlock Jr. di Buster Keaton (1924), restaurati grazie alla Cineteca di Bologna. The Kid è un’opera notissima: fu il primo lungometraggio interamente prodotto e diretto da Chaplin, un’opera immortale della storia del cinema dove, per la prima volta, l’autore diede libero sfogo alla sua intima volontà di rappresentazione. Un film che segnò la grande ascesa del regista inglese, il quale avrebbe poi drasticamente ridotto il numero di produzioni, realizzando i suoi più importanti lavori che tutti conosciamo (da La febbre dell’oro, 1925, a Luci della ribalta, del 1952, dove i due protagonisti di questo articolo recitarono insieme). Simile il discorso per Sherlock Jr.: uno dei primi film prodotti da Keaton, un gioiello di geometria e fantasia, con un ritmo cinematografico all’avanguardia. Dopo questo lavoro, l’autore produsse le sue più importanti meraviglie The General (1926) e The Cameraman (1928). The Kid narra la storia commovente di un vagabondo solitario che trova un neonato abbandonato e decide di crescerlo come se fosse figlio suo: tra povertà, espedienti e gag, questo film è ormai un archetipo del mondo del cinema. Sherlock Jr., invece, narra di un giovane proiezionista che sogna di diventare un investigatore in gamba, ma è costretto a vivere in una realtà molto più triste, tra il misero lavoro al cinema e i problemi con la famiglia della sua amata: il tutto è narrato da un Keaton sbalorditivo per bravura, con il suo storico volto inespressivo, ma dai mille sentimenti. Dopo questi film, come anticipato sopra, i due “muti” più famosi al mondo spiccarono il volo: Chaplin si concentrò maggiormente sul lato “sentimentale” dei suoi soggetti, accentuando, sempre di più, nei suoi lavori, la tematica “umanitaria”, realizzando una comicità «calata in una rappresentazione della realtà che non nasconde i lati negativi della società, la miseria, la diseguaglianza, la violenza, la sopraffazione»[1]. Anche per Keaton, da Sherlock Jr. in poi, iniziò il suo più grande sviluppo, la maturazione che lo portò a concentrarsi sempre di più su «personaggi emblematici che rappresentavano le varie facce d’una umanità colta nei suoi lati grotteschi, buffi, ironici, satirici»[2]. Due film, quindi, che segnarono l’inizio e le future evoluzioni dei due artisti: quella “sentimentale-umanitaria” di Chaplin e quella “geometrica-ironica” di Keaton. Con The Kid «l’elemento sentimentale ha il sopravvento», la satira sociale e la critica alle istituzioni rimangono, ma «si fa avanti un intento di più dichiarato ottimismo, che si manifesterà anche nei film seguenti»[3]. E con Sherlock Jr. possiamo notare lo stesso un principio di sviluppo, come è stato per Chaplin. Certamente una mutazione dagli sviluppi differenti rispetto a quella di Chaplin, ma lo stesso un inizio di un cambiamento che portò Keaton a sviluppare sempre di più «un’affascinante deriva verso l’assurdo», grazie alla quale affinò sempre di più una «regia molto elaborata del suo personaggio: ritmo, inquadratura, senso dello spazio, profondità di campo minano realismo e logica dell’ambiente contro il quale si dibatte un protagonista che, affrontando energicamente gli elementi scatenati, suscita l’ammirazione tanto quanto il riso»[4] (come in Chaplin, anche nel cinema di Keaton i personaggi sono in lotta con il loro ambiente, solo che la vicenda viene sviluppata con modalità differenti). Il dittico cinematografico “The Kid-Sherlock Jr.” è quindi composto da due capolavori non solo nel senso comune di lavori eccezionali, ma anche nel senso di veri “capo-lavori”: cioè opere che stanno a capo, al principio dell’evoluzione e dell’ascesa qualitativa del genio dei due autori, i quali poterono finalmente esprimere pienamente loro stessi, dopo anni di pura gavetta nell’intrattenimento dell’epoca, incentrato interamente su comiche a base di slapstick[5]. Due autori che possono essere visti come le due componenti di un’unica entità cinematografica, un “Chaplin-Keaton”, Yin e Yang della pellicola muta. Perciò vanno studiati insieme, non come due autori distinti e indipendenti, perché, in ognuno di loro, possiamo trovare ciò che nell’altro manca o è poco sviluppato (il “sentimentalismo” di Chaplin non è in Keaton, il quale ha la “geometria” che manca a Chaplin). Chaplin e Keaton, spesso, vengono visti come due rivali, due opposti indipendenti, ma, in realtà, sono stati due protagonisti che hanno, insieme, ciascuno con la propria poetica, completato e integrato l’universo del cinema muto.

Silvio Gobbi

Note
[1] Gianni Rondolino, Storia del cinema, vol. 1, Utet, Torino 2006, p. 118.
[2] Ivi, p. 129.
[3] Ivi, p. 120.
[4] René Prédal, Cinema: cent’anni di storia, Baldini&Castoldi, Milano 2016, p. 88.
[5] «Particolare sottogenere cinematografico, nato nel periodo del muto in Francia e sviluppatosi negli Stati Uniti negli anni 1920, fondato su una comicità elementare che sfrutta il linguaggio del corpo e si articola intorno a gag tanto semplici quanto efficaci, come quella messa in moto dal celebre meccanismo delle ‘torte in faccia’» (http://www.treccani.it/enciclopedia/slapstick/).

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