Una piazzetta appartata, una grande band e dell’ottima musica: la ricetta del San Severino Blues garantisce sempre serate speciali. Sul palco del festival, nell’evento di punta del 18 luglio, c’era Frankie Chavez, che aveva già convinto il pubblico della rassegna in un’esibizione del 2015. È stato un ritorno decisamente gradito. Da parte degli spettatori, ovviamente; ma anche dell’artista, che ha ringraziato più volte la platea destreggiandosi fra l’inglese e qualche tentativo in lingua italiana. Un particolare che ha contribuito a creare una piacevole atmosfera d’intimità col pubblico.
Una serata all’insegna della contaminazione, linguistica da un lato, artistica dall’altro. Perché la musica di Frankie Chavez è un ibrido, una “musica bastarda” come l’ha definita (positivamente) la critica: un mix energico e molto personale di blues, folk, surf e rock ‘n roll. E ibride sono anche le influenze di questa musica, che ha un piede a Lisbona e uno in Australia – e che, ovviamente, affonda le radici nel blues statunitense.
Siamo nella piazzetta di Largo Servanzi Confidati; Frankie Chavez sale sul palco e rompe il ghiaccio da solo, seduto con la sua chitarra. Prima un’intro strumentale, quindi il brano stomp “Psychotic lover” tratto dal penultimo album. Lo raggiunge poi la band, la validissima formazione con cui ha appena inciso il disco “Double or nothing”: Paulo Borges alle tastiere, Donovan Bettencourt al basso e Joao Correia alla batteria. Il concerto prende il volo, alternando brani estratti da quest’ultimo album (“My religion”, “Save”, “Whatever happened to our love”, “Getaway”) e vecchi successi, come “Her love” e “Sweet life”. Una scaletta trascinante che ogni tanto si ferma, concedendosi momenti più intimistici: sono quelli dedicati al Portogallo (“By the banks of this old river”), terra d’origine dell’artista, che allora lascia le sue chitarre per imbracciare la sei corde tradizionale del folk portoghese. In queste occasioni interagisce ancora di più con il pubblico, lo invita a “chiudere gli occhi e immaginare l’oceano”. E alla fine, grazie a un energico bis, riesce a far alzare tutta la platea per ballare sotto il palco. Una serata densa di passione per la musica, che si riassume benissimo nei versi di “My religion”: “cause my religion is rock ‘n roll”.
Il San Severino Blues Festival ci riserverà ancora due date settempedane, il 27 luglio con il duo Empathia (Mafalda Minnozzi) e il 31 agosto con Carlos Johnson per la chiusura.
Alessandra Rossi