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Home | Attualità | Il racconto: “I papaveri del sisma”, di Lucia Palmioli
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Il racconto: “I papaveri del sisma”, di Lucia Palmioli

Pubblicato da Mauro Grespini in Attualità 2,882 Visite

Pubblichiamo un racconto breve di Lucia Palmioli, nostra concittadina con la passione per la scrittura. Il testo è stato inserito anche sulla pagina “Il centuplo”, un luogo virtuale in cui una grande famiglia di bloggers racconta fatti e persone del vivere quotidiano. 

Questa mattina in stazione ho visto dei “papaveri alti alti” sorreggere l’ingresso della mia città. Sono “un po’ neri, un po’ rossi e un po’ capovolti”. Sono cresciuti di recente e anche molto rapidamente. Non sapevo esistessero dei fiori tanto robusti. L’ultima volta che sono entrata qui era un sabato, il Natale alle porte e tanta gente al mercato. Non so dirvi se i papaveri fossero già maturi. Cercavo un libro da regalare e non dovevo partire. Ma oggi la campanella annuncia fastidiosa l’arrivo del treno sul quale devo salire. Ho raggiunto il secondo binario senza prestare troppa attenzione alla facciata. I nastri bianchi e rossi non circondano più la stazione e l’edificio è stato messo in sicurezza. Qui, “papaveri alti alti e capovolti” danno il benvenuto.

Dal treno, il paesaggio smaschera forze e debolezze. Lo sguardo a volte si cruccia incontrando i tetti e si distende riposando sui rilievi delle colline. E ci sono le case, che non sono solo tetti rossi ed abitazioni. Sono comignoli fumanti, sono lavelli dietro alle finestre che si affacciano sui balconi in fiore, sono pentole sui fornelli e tavole apparecchiate. San Severino Marche. Castelraimondo. Matelica. E nel mezzo immagino Camerino, che vorrei fosse anch’essa raggiungibile in treno. Immagino di camminare lungo i binari, come negli Aristogatti, in fila indiana, per varcare le porte d’ingresso di questi paesi e piantare dei lunghi e robusti papaveri sotto ognuna di esse, prima che vengano giù. Ma già da qualche tempo, non troppo, nei dintorni, hanno provveduto a piantare questi papaveri, per evitare ulteriori crolli. Non lo dicono esplicitamente, ma sembra si debba ripartire proprio da qui. Da questi strani papaveri, “un po’ neri, un po’ rossi e un po’ capovolti”.

Da questi fiori robusti, che non ho mai visto prima e che improvvisamente sono diventati indispensabili, che devono sorreggere i tetti, i comignoli fumanti, i balconi in fiore, le pentole sui fornelli e le tavole apparecchiate. Dicono che servano a sorreggere anche i cuori. Ma un giorno tutto ciò dovrà (“imparare a”) reggersi da sé. Senza l’aiuto di questi “papaveri alti alti, un po’ rossi, un po’ neri e un po’ capovolti”.

Lucia Palmioli

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