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L'ospedale di Camerino
L'ospedale di Camerino

“Modelli di sanità: le carezze che ti salvano la vita”

Mi chiamo Giulio, sono di San Severino, ho 74 anni e sento un grande desiderio e dovere di raccontare la mia recente esperienza ospedaliera.

Sabato 16 marzo, ero a casa, quando intorno alle 17 con improvvisa violenza sento salire dal mio stomaco un dolore intenso, lancinante, che mi toglie il respiro e la voce, riesco a chiamare al telefono mia moglie che subito allerta il 112.

Arriva in poco tempo l’ambulanza e il suo equipaggio esperto e preparato intuisce immediatamente la gravità dell’evento, mi conducono a bordo, compiono i loro rilevamenti e chiedono l’intervento dell’equipe medica concordando il ritrovo sulla variante al ponte Sant’Antonio.

In pochi minuti arriva il medico, ascolta e vede i rilevamenti e decide l’immediato trasbordo sulla sua ambulanza e partiamo velocemente verso l’ospedale di Camerino, dove – dopo un soffertissimo viaggio – arriviamo attorno alle ore 18 al pronto soccorso già allertato e pronto al dovere con il chirurgo reperibile presente, cosicché in breve sono disteso sul tavolo operatorio (saprò poi che l’intervento ha interessato lo stomaco, a causa di una vasta perforazione gastrica con quadro di peritonite acuta).

Il mio risveglio avviene nel reparto di rianimazione, un ambiente quasi surreale, con quattro postazioni schermate tra loro dove si muove con naturale maestria il dottor Leo, un condottiero che, coadiuvato da giovane infermiere, si muove da un letto all’altro come un capitano sulla tolda di una nave, severo nei toni ma dolce nello sguardo, ti invita a seguirlo, cerca la tua collaborazione sino a prenderti per mano e tirarti fuori dal buio in cui sei precipitato.

Dopo tre giorni vengo trasferito al reparto di chirurgia con tutto il mio bagaglio di sonde, drenaggi e quant’altro. Di lì a poco viene a farmi visita un medico, mi parla con tono pacato e suadente, mi spiega la tipologia dell’intervento che ha effettuato. Conoscerò più tardi il suo nome, è il dottor Pellerito, ma la cosa più bella è che nei 13 successivi giorni di degenza toccherò con mano, ogni giorno, la sua umanità, il suo amichevole rapporto con il paziente, punteggiato spesso da gradite leggerezze, che creano un clima di empatia vitale e necessario a superare con slancio il percorso di riabilitazione.

Parallelamente il reparto di chirurgia è dotato di personale infermieristico fortemente positivo, sempre gentili e sorridenti, veloci alla chiamata, esperti e ben informati nel loro lavoro, ti chiamano sempre per nome e intervengono ogni giorno sul tuo corpo senza ledere la tua privacy.

Questo mio racconto nasce dal forte e sincero desiderio di ringraziare e abbracciare tutte le “persone” che si sono prese cura della mia salute, ma anche per sottolineare, a chi di dovere, che tali magnifiche realtà devono essere sempre salvaguardate da eventuali criticità di uomini e mezzi, condizione essenziale perché possano continuare a dispensare questi servizi così eccellenti verso tutta la popolazione.