“La prima notte di quiete” indica la morte: una notte senza sogni, senza incubi, senza inquietudini, il raggiungimento della pace. Questo verso è il titolo di uno dei più importanti film di Valerio Zurlini (1926-1982), un capace regista italiano oggi quasi del tutto dimenticato dal grande pubblico: La prima notte di quiete è stato da lui scritto (insieme a Enrico Medioli) e diretto nel 1972, e dal 25 luglio torna al cinema in versione restaurata (protagonisti sono Alain Delon, Lea Massari, Sonia Petrovna, Adalberto Maria Merli, Giancarlo Giannini e Alida Valli).
Un’opera inquieta, ambientata in una Rimini atipica dove il caos è azzerato, senza spiagge affollate né branchi di turisti: una Rimini nebbiosa e fredda, dal paesaggio grigio e sfumato, tetro e tenue, specchio dei tormenti e dell’inadeguatezza alla vita dei personaggi che la popolano.
Il professor Daniele Dominici (Alain Delon) è un supplente di letteratura in un liceo della città. Un soggetto torbido, dal passato oscuro, un uomo disincantato, amante del gioco d’azzardo e sposato con la turbata Monica (Lea Massari). Nella classe dove insegna, c’è una studentessa, Vanina Abati (Sonia Petrovna), la ragazza più chiusa e misteriosa del gruppo di studenti. Il professore comprende che dietro la ritrosia della giovane (una tristezza che l’uomo non accetta – «Ma lo sconforto che hai dentro, la tua malinconia senza rimedio non riesco a sopportarla») – si nascondono molti problemi: tra di loro scatterà una forte attrazione, e la loro storia sarà piena di difficoltà.
La prima notte di quiete è un dramma dove sono presenti molte citazioni: dalla “Madonna del parto” dipinta da Piero della Francesca al racconto di Stendhal “Vanina Vanini”, capace di rievocare il difficile legame tra Daniele e Vanina. La sceneggiatura e la regia dell’opera sbrogliano queste citazioni e le difficili tematiche trattate con decisione, cadenzando adeguatamente lo sviluppo della vicenda ed inserendo una colonna sonora adatta alla malinconia del film. Tante sono le citazioni, tanti sono gli argomenti (rimpianti, sessualità, possessione e abusi). C’è il conflitto tra il passato ed il presente vissuto da Dominici, dove i traumi ed il lutto diventano un peso inevitabile («Dio, come la vita di un uomo è piena di morti», dice Daniele). Oltre a ciò, si parla della maternità e della paternità: il conflitto tra il volere e non volere un figlio, tra l’obbligo imposto dalla società e la genuina voglia di riprodursi. Il figlio scisso tra naturale proseguo della vita e metro di giudizio sociale, «Perché altrimenti rimane soltanto un corpo che si deforma. Rimane solo il disagio, la pena, la crudeltà della gente che comincia ad accorgersene, senza che ci sia più nulla da fare. O quasi…», come dice Vanina in presenza della Madonna di Piero della Francesca. La prima notte di quiete è fitto di queste ed altre tematiche, ricco di paure e di ricerche, dubbi all’avanguardia per l’epoca e ancora oggi attuali e viventi: un film su cui non si smette mai di riflettere.
Silvio Gobbi