Home | Cabina di proiezione | Nelle sale cinematografiche il film “The Old Oak” di Ken Loach
Euro Net San Severino Marche
The Old Oak
The Old Oak

Nelle sale cinematografiche il film “The Old Oak” di Ken Loach

«We wanted to make a film about hope […]. If we do have hope, we have confidence, we know our own strenght and we can begin to change things. And my God, we need to change […] and we can make a better place, another world is possible. So keep fighting. And if we fight hard, we’ll win», questo è un estratto di quanto ha dichiarato Ken Loach al Festival di Cannes 2023, dopo la proiezione del suo nuovo film The Old Oak. Un film sulla speranza, sulla necessità di aiutare gli immigrati e tutti gli ultimi, un lungometraggio che ci ricorda che un mondo migliore è difficile da realizzare, ma è possibile: questo è il nucleo del discorso e dell’ultima opera cinematografica del regista inglese.

“The Old Oak” è un vecchio pub nel nord dell’Inghilterra, in una città un tempo piena di minatori, ma negli anni le miniere sono state chiuse e la vecchia identità operaia è svanita: della classe lavoratrice sono rimasti soltanto i ricordi e le vecchie foto conservate da TJ Ballantyne nel suo pub, un pub ormai frequentato da quattro gatti rancorosi. Un giorno, arrivano in città dei siriani fuggiti dalla guerra: hanno lasciato il loro Paese per la violenza del regime di Bashar al-Assad e per l’Isis. Tra inglesi e siriani è subito frizione: come in ogni paese, molti poveri autoctoni se la prendono con gli ultimi arrivati per sfogare le proprie frustrazioni (come spesso accade). TJ invece fa parte dei volontari che gestiscono l’accoglienza degli immigrati e stringe amicizia con la giovane Yara, fotografa siriana fuggita con la famiglia in Inghilterra per costruire un futuro migliore.

Per Ken Loach, il cinema serve a mostrare la dura realtà affinché si possa migliorarla: in tutti i suoi film, da Poor Cow (1967) ad oggi, il regista ha raccontato la povertà, i diritti negati, i lavoratori precari e sfruttati, le guerre, sempre con originalità e mai secondo categorie standardizzate. Egli ha messo al centro gli esseri umani con le loro luci ed ombre, senza mai banalizzare né stereotipare tanto i protagonisti quanto gli antagonisti, creando così dei racconti unici, affinando sempre di più la propria poetica, in particolar modo da quando ha instaurato il saldo sodalizio professionale con lo sceneggiatore Paul Laverty (sin dal 1996, da Carla’s Song).

The Old Oak è la sintesi di questo lungo percorso, una storia sognante e, al contempo, reale e concreta, un riuscito equilibrio di gioie e dolori, di sogni e di delusioni, di sconfitte e vittorie. Loach, a ottantasette anni, sa ancora sognare rimanendo sveglio e vigile, e ribadisce, scena dopo scena, la sua idea: solo l’incontro e l’unità tra gli ultimi, a prescindere dalle loro differenze (tanto etniche quanto religiose), possono portare ad un mondo migliore. Attraverso una scrittura degli eventi precisa (sempre grazie a Laverty) e con una regia schietta, dalle inquadrature chiare e limpide, capaci di asciugare da ogni retorica le immagini riprese, l’autore raffigura l’umanità e la complessità dei suoi protagonisti, il mondo com’è e come lo vorrebbe. Il mondo di TJ (vero alter ego del regista) è passato: le vecchie foto dei minatori, la cagnolina “Marra” (un appellativo usato dai minatori inglesi per identificare un fedele compagno di lavoro), sono tutti simboli di quella realtà ormai scomparsa, una working class ormai fantasma. TJ sintetizza la solitudine di quel passato irrecuperabile (un senso di abbandono rafforzato anche dal non avere più rapporti con i suoi cari), ma questo isolamento viene spezzato dall’incontro con Yara e con i profughi siriani: da lì TJ ricomincia gradualmente a ricomporsi, ad aprirsi agli altri. Dalla frequentazione tra TJ e Yara, dall’incontro tra poveri inglesi e siriani, dal mangiare insieme, si rinforza l’unione, accresce la comprensione reciproca («When you eat together, you stick together», recita una frase scritta nel pub): solo quando si condividono i problemi nasce la vera solidarietà capace di affrontarli e di superarli, la solidarietà che Ken Loach auspica per migliorare il mondo.

Silvio Gobbi

Centro Medico Blu Gallery