Nuto Revelli, ex ufficiale piemontese degli alpini, dopo la campagna in Russia e l’attività nella Resistenza cuneese, ha dedicato la sua vita alla raccolta delle testimonianze del mondo contadino del Piemonte. Nei suoi due testi più conosciuti, “Il mondo dei vinti” e “Il popolo che manca”, ha collezionato una miriade di racconti di quel mondo rurale scomparso a partire dagli anni Sessanta del secolo scorso: la fame, la paura delle “masche” (le streghe), i preti furbi e poi i fascisti, lo Stato che obbligava i contadini a fare le guerre, la miseria che ha costretto sempre più persone a cercare fortuna altrove.
La famiglia di Alain Ughetto, regista francese, faceva parte di questo popolo: i suoi nonni, Luigi e Cesira, abbandonarono le povere terre di Ughettera (ai piedi del Monviso), per cercare fortuna e una vita migliore. La loro vita fu tutt’altro che lineare: iniziarono con i lavori stagionali frontalieri, poco pagati e molto rischiosi, successivamente cercarono di partire per l’America, ma alla fine si stabilirono in Francia. A questo travagliato peregrinare, si aggiunsero le vicissitudini della guerra in Libia (1911), della Prima e della Seconda guerra mondiale.
Tutto ciò è raccontato nel film Manodopera, premiato al Festival internazionale del film di animazione di Annecy 2022 con il “Premio della giuria per il miglior lungometraggio” e agli European Film Awards 2022 come “Miglior film d’animazione”. Realizzato con marionette di plastilina e girato in stop motion, l’opera narra, in maniera seria e al tempo stesso leggera, le vicende della famiglia Ughetto: il regista racconta la storia giocando, non nasconde il dramma e non si priva di quei tratti giocosi e divertenti che sono presenti anche nelle vite più difficili.
Il lungometraggio narra le vite degli ultimi con una pregevole intelligenza, con una leggerezza che non scade mai nella superficialità, mostrando le peggiori situazioni con una schiettezza unica. La costruzione è dinamica e ben sviluppata, tanto da renderlo un lavoro adatto ai bambini, ai ragazzi ed agli adulti: tutti dovrebbero vederlo per imparare, e ricordare, qualcosa del nostro passato. La figura della nonna è centrale nel lungometraggio: l’autore dialoga continuamente con lei, la quale racconta tutta la loro storia, ricordandoci anche il ruolo fondamentale delle donne, impiegate nei lavori tanto quanto gli uomini, specialmente durante le guerre. Ughetto fa dialogare la realtà con la finzione, mescola il mondo reale con quello ricostruito: le vere mani del regista passano oggetti alla nonna di plastilina, si scambiano cose ed affetti, rinforzando così quel legame tra passato e presente che non dovrebbe mai spezzarsi. Il regista dedica il film alla sua famiglia, a tutte le famiglie contadine vissute in quelle condizioni, a Nuto Revelli che ha raccolto le loro esperienze: Manodopera, attraverso l’animazione, la musica di Nicola Piovani, e qualche eco di Ermanno Olmi, rappresenta la memoria di un popolo ormai scomparso che andrebbe ricordato ogni giorno, anche per imparare a rispettare di più chi emigra per sopravvivere.
Silvio Gobbi