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Ritorno a Seoul
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“Ritorno a Seoul” è il nuovo film del regista franco-cambogiano Davy Chou

Frédérique “Freddie” Benoît (Park Ji-Min) è una ragazza originaria della Corea del Sud, ma è cresciuta in Francia perché, quando era piccolissima, è stata adottata da una coppia francese. Un giorno Freddie deve partire per una vacanza in Giappone, ma il suo volo varia a causa del maltempo e si ritrova a Seoul: decide quindi, quasi per caso, di andare alla ricerca dei suoi genitori biologici, i quali l’avevano data in adozione perché erano poveri, ed inizia così un complesso viaggio, fisico ed esistenziale, senza termine.

Ritorno a Seoul è il nuovo film del regista franco-cambogiano Davy Chou, opera presentata al Festival di Cannes 2022 nella sezione “Un Certain Regard”. Quella che intraprende la ragazza è una faticosa peregrinazione, un difficile incontro e scontro con sé stessa: il rientro nella terra originaria scatena in lei la perdita di ogni stabilità, la sua emotività precaria deflagra al massimo e le sue turbe crescono di giorno in giorno. La ricerca di Freddie è un evento deleterio per la solidità della ragazza, fa fuoriuscire dalla giovane tutto il dolore accumulato negli anni, una sofferenza coltivata in silenzio e forse senza nemmeno esserne totalmente cosciente.

Ritorno a Seoul è un film di amori mancati e difficili, un lungometraggio sulla ardua ricerca di sé e delle proprie radici, radici assenti ma ingombranti, capaci di pesare come enormi macigni lungo il corso della vita. Freddie è intelligente e turbata, sfrontata ma fragilissima nella sua intimità: è in conflitto con le sue origini, smania di conoscere i propri genitori ma al tempo stesso li odia per averla abbandonata. Cerca il suo passato ma al tempo stesso vuole sottrarsi da quella realtà, come quando è in compagnia del padre biologico: evita il contatto visivo con lui, non parla in coreano (nemmeno vuole apprenderlo), a malapena sopporta l’esistenza dell’uomo. Dopo averlo cercato, è infastidita dalla sua presenza, l’incontro tra i due non è servito ad abbattere il muro dell’abbandono con cui la ragazza è cresciuta.

Davy Chou si focalizza sulla sua protagonista (la cui vicenda è tratta da una storia vera) e lo sottolinea con la regia adottata. Come Freddie è concentrata tutta su di sé, rasentando l’assenza di empatia ed un quasi totale distacco dagli altri, il regista le dedica molti primi piani e la mette a fuoco sfocando ciò che c’è intorno. Così facendo, Chou focalizza l’attenzione dello spettatore sulla protagonista e sottolinea l’incapacità della ragazza di entrare in contatto con chi gli è accanto, di uscire al di fuori di sé, dai suoi recinti – voluti e non – che ha intorno. Con una regia così precisa ed una storia ben scritta, Ritorno a Seoul è un efficace dramma capace di parlare a chiunque: un racconto universale sulla difficile accettazione dei propri limiti e degli ostacoli della vita, una lezione su quanto sia arduo imparare a perdonare sé stessi e gli altri.

Silvio Gobbi

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