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I bambini avviati ai campi di sterminio

Il Giorno della Memoria, per non cadere nella retorica dell’abitudine e nella noia

di Alberto Pellegrino

La senatrice Liliana Segre si è rivolta a tutti noi per raccomandarci di non far cadere la memoria e la celebrazione dell’Olocausto nella retorica dell’abitudine e nella noia. Per questo abbiamo scelto di ricordare i novecento bambini ebrei italiani, al di sotto dei 14 anni, che furono portati nei campi di sterminio nazisti. Di questi ne sono sopravvissuti solo 25 e tra essi Liliana Segre che allora aveva 13 anni. Di loro si conoscono le loro storie e i loro affetti, come furono catturati, chi li denunciò e li consegnò ai carnefici nazisti con la collaborazione dei fascisti italiani che consideravano gli ebrei “non italiani” e che furono dei delatori per denaro o per convinzione. Per fortuna ci furono anche italiani che protessero e nascosero i bambini e i loro genitori; li salvarono a rischio della loro vita e della propria famiglia, come è avvenuto anche a San Severino per la famiglia Di Segni e per altre famiglie (Cfr. Bruno Maida, La Shoah dei bambini. La persecuzione dell’infanzia ebraica in Italia 1938-45 (Einaudi, 2022).

1. Terezin di Luca Volpato

E’ opportuno tenere viva anche la memoria della singolare e tragica vicenda dei bambini e delle bambine di Terezin, il campo di concentramento costruito a 60 chilometri da Praga che i nazisti chiamarono il “ghetto”, ma che in realtà era un centro di raccolta e smistamento degli ebrei verso i campi di sterminio. Questi bambini per qualche tempo vissero con i loro genitori, ma ben presto furono separati e, rimasti soli, ebbero il coraggio e la serenità di restare uniti e di studiare nonostante una condizione di vita disumana, riuscendo così a lasciare preziose testimonianze come se avessero davanti a loro un futuro e non le camere a gas.

2. I bambini arrivano a Terezin

Il Ghetto di Terezin è stato il più grande campo di concentramento in Cecoslovacchia, concepito come campo di passaggio prima di essere deportati per gli ebrei del “Protettorato di Boemia e Moravia”, ma successivamente anche per ebrei tedeschi, austriaci, olandesi e danesi. Tra il novembre 1941 e il maggio 1945 sono passati per Terezin 140 mila prigionieri e circa 35.000 sono morti a Terezin, mentre 87 mila prigionieri sono stati deportati ad Est e ne sono ritornati 3.087.

3. I fiori di Terezin di Margit Kovetzova (1933-1944)

Nel Ghetto di Terezin è stato concentrato il maggior numero di bambini ebrei (circa 15 mila) e gran parte di essi è poi morta nella camere a gas di Auschwitz e ne sono ritornati solo 732 compresi tra i 13 e i 14 anni. Riuniti nelle case per bambini, i piccoli prigionieri erano assistiti da educatori e insegnanti prigionieri adulti che s’impegnavano a istruirli anche in modo attivo, per cui questi bambini hanno lasciato un patrimonio di poesie e circa 4 mila disegni che sono stati ordinati secondo due tematiche: i disegni che parlano della loro infanzia perduta, del cibo, della casa, della natura; i disegni che descrivono la cruda e triste realtà del ghetto, le caserme, le strade, i baraccamenti con i letti a tre piani, i guardiani, l’ospedale, i malati, i funerali, le esecuzioni. Molti di questi disegni sono firmati e datati, mentre le poesie sono spesso anonime, ma tutte queste opere costituiscono un lascito letterario e figurativo che ci parla di tante sofferenze e speranze perdute.

4. Disegno di Doris Weiserovà (1932-1944). Poesia di Pavel Friedmann (m.1942)

 

Sono ebreo ed ebreo resto
anche se dalla fame morirò
così al popolo non recherò sconfitta
sempre per il mio popolo sul mio onore combatterò
Orgoglioso del mio popolo sono
che onore ha questo popolo
sempre sarò oppresso
sempre di nuovo vivrò

Franta Bass

 

Voi, nuvole grigio acciaio, dal vento frustate,
che correte verso mete sconosciute
Voi, portatevi il quadro dell’azzurro cielo
Voi, portatevi il cinereo fumo
Voi, difendeteci! Voi, che siete fatte solo di gas.
Veleggiate per i mondi, semplicemente, spazzate dai venti
come l’eterno viandante aspettando la morte
voglio una volta così come voi – i metri misurare
di lontananze future e non tornare più
Voi, cineree nuvole sull’orizzonte
Voi, siate speranza e sempiterno simbolo
Voi, che con il temporale il sole coprite
Vi incalza il tempo! E dietro a voi è il giorno!

Vedem, Hanu Hachenburg (1929 – 1944)

Oggi il ghetto prova una paura diversa,
Stretta nella sua morsa, la Morte brandisce una falce di ghiaccio.
Un male malvagio sparge il terrore nella sua scia,
Le vittime della sua ombra piangono e si contorcono.

Oggi il battito di un cuore di padre narra del suo terrore
E le madri nascondono la testa tra le mani.
Adesso qui i bimbi rantolano e muoiono di tifo
Il loro sudario sconta un’amara tassa.

Il mio cuore batte ancora nel mio petto
Mentre gli amici partono per altri mondi.
Forse è meglio – chi può saperlo? –
Assistere a ciò oppure morire oggi?

No, no, mio Dio, voglio vivere!
Senza vedere dissolversi i nostri numeri.
Vogliamo avere un mondo migliore,
Vogliamo lavorare – non dobbiamo morire!

Eva Pichová, 1929-1943

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