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Home | Cultura | Dal film al libro: “C’era una volta a Hollywood”, il primo romanzo di Quentin Tarantino
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La copertina del libro nella doppia versione: negli Usa e in Italia
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Dal film al libro: “C’era una volta a Hollywood”, il primo romanzo di Quentin Tarantino

Pubblicato da Mauro Grespini in Cultura 405 Visite

“Come attore, sono finito”, così dice Rick Dalton a Cliff Booth, suo amico e controfigura ufficiale. Soggetto in bilico, né vecchio né giovane, Rick vive nella Hollywood del 1969, un luogo in mutamento radicale. Egli, uomo con il capello impastato di brillantina, figlio dell’era di Eisenhower, è diventato famoso per la serie TV degli anni Cinquanta Bounty Law. Ma ora la sua figura non rispecchia più i tempi moderni di Dennis Hopper, e la sua stella è in declino: per rilanciare la sua carriera d’attore, deve andare in Italia per recitare, come protagonista, negli spaghetti western da lui tanto odiati. Al suo fianco c’è sempre Cliff, eroe di guerra, stuntman, uomo riservato, ma pronto ad uccidere anche a mani nude se necessario: meglio non provocarlo.

Questi due, e tanti altri personaggi, sono i protagonisti di C’era una volta a Hollywood, il primo romanzo di Quentin Tarantino, uscito dopo il film omonimo. Come nel lungometraggio, anche nel testo l’autore dimostra una gigantesca conoscenza di quel periodo storico, sotto ogni aspetto: film, attori, registi, aneddoti e curiosità dietro le quinte, canzoni e molto altro. Un romanzo che particolareggia ulteriormente i protagonisti già noti: un libro enciclopedico, con una narrazione fitta, densa e ritmata, costellato da curiose e ottime digressioni in pieno stile tarantiniano. Un’opera ampia impregnata di profondo amore per il cinema ed il suo mondo, costituito da personaggi di ogni genere, esseri umani scorretti, deboli, balordi, a volte misogini e violenti, ma anche incredibili e sinceri: Tarantino non si pone limiti, non si censura ed è sé stesso al massimo. Tra le pagine di C’era una volta a Hollywood ci sono l’insicurezza, la bipolarità e l’alcolismo di Rick (vizio comune a molti attori dell’epoca, esemplare a riguardo il capitolo che Tarantino dedica ad Aldo Ray). Per non dimenticare la vita violenta di Cliff, e la sua inaspettata cinefilia: affascinato dai film europei, perché meno romanzati di quelli hollywoodiani, e capace di comprendere Kurosawa meglio di tanti critici. E poi c’è Sharon Tate. La stupenda donna, sposata con Polański, intenta a scrollarsi di dosso l’etichetta di icona sexy, a emergere come vera attrice, senza essere più adombrata dalla sua stessa bellezza. Giovane e ambiziosa, non vuole più essere soltanto la bella bionda dalle gambe lunghe, né rimanere incastrata nel ruolo di moglie di qualcuno: si mette in gioco, rischia, è anche pronta a divenire, recitando con Dean Martin, “l’equivalente femminile di Jerry Lewis” per mostrare la sua abilità.

Non solo queste tre figure occupano il libro, anche Charles Manson, Debra Jo “Pussycat” e la piccola Trudi Frazer (giovanissima attrice, importante figura per la maturazione di Rick) fanno parte del multipolare affresco tarantiniano. C’era una volta a Hollywood è il pantheon dei ricordi e dei sogni dell’autore. Verità e fantasia si mescolano insieme dando vita ad un racconto appassionato, composto da individui complessi, da successi realizzati e vuoti intimi colmati dalle bevute: una Hollywood ricostruita dove gli eventi storici si mescolano, senza stonature, con la fervida e irrefrenabile immaginazione di Tarantino. Una lunga storia che non finisce qui perché, stando alle ultime dichiarazioni di Tarantino a «Empire», l’autore è pronto per un nuovo libro, interamente dedicato a Rick Dalton. Torneremo quindi presto a Hollywood, per scoprire nuovi aspetti di quell’epoca, tra storie inventate, vere e verosimili, bevendo boccali di whiskey sour tra le vie di Los Angeles e Cielo Drive.

Silvio Gobbi

Informazioni editoriali

Quentin Tarantino, C’era una volta a Hollywood, Milano, La nave di Teseo, 2021, pp. 400.

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libri recensione 2022-01-23
+Mauro Grespini
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