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Roberto Peci durante la prigionia
Roberto Peci durante la prigionia

Il libro: “Colpirne uno. Ritratto di famiglia con Brigate Rosse”

Patrizio Peci è stato il primo pentito importante delle Brigate Rosse. Per vendicarsi della sua collaborazione con lo Stato, le BR, guidate dal controverso Giovanni Senzani, rapirono a San Benedetto del Tronto e uccisero a Roma il fratello di Patrizio, Roberto. Una prigionia durata più di cinquanta giorni, un processo videoregistrato concluso con la condanna a morte e l’esecuzione della pena (3 agosto 1981): un’uccisione per punire la svolta di Patrizio, un monito a tutti coloro che avevano intenzione di collaborare con lo Stato e di abbandonare le “brigate”, una vendetta da mafiosi e non un’azione da rivoluzionari.

Negli anni Ottanta, il brigatismo stava mutando: dopo le violenze dei primi anni Settanta, cresciute, di anno in anno, in scelleratezza e miopia, e culminate con episodi come gli omicidi di Moro nel 1978 e del sindacalista Guido Rossa nel 1979, i brigatisti cominciarono a fare seriamente i conti con il crescente peso della loro brutalità e delle loro vittime. Il tramonto delle BR era avviato, la morte del giovane Peci (aveva solo venticinque anni) fu un grande passo falso e non fermò le defezioni dei brigatisti pentiti. Il processo a Senzani (il “professor Bazooka”) e a tutti coloro che collaborarono al sequestro e all’omicidio Peci iniziò nel 1986 e venne istruito dal procuratore della Repubblica di Ascoli Piceno Mario Mandrelli.

La sintesi tra la figura di Mario Mandrelli e la vicenda del caso Peci è il fulcro del nuovo libro del giornalista Mario Di Vito, nipote del procuratore in questione: Colpirne uno. Ritratto di famiglia con Brigate Rosse, edito da Laterza. Di Vito racconta, attraverso la storia di suo nonno e le sue memorie, i ricordi annotati nei diari della nonna Loreta, i ritagli di giornale e le carte processuali, come la vicenda Peci irruppe nella quotidianità dei suoi parenti. Un libro dove la storia si fonde perfettamente, senza intoppi né forzature, con le memorie intime di Mandrelli. L’autore passa agevolmente dai resoconti cronachistici ai pensieri di suo nonno, alle tensioni da lui vissute: uno stress elevato che il magistrato, personalità rigorosa ma non incline alla tracotanza, ha saputo ben dosare, con alti e bassi, lungo questo impervio periodo della sua vita. La cappa della situazione si ripercuote nella vita di tutti i giorni: la scorta, i controlli, la continua sorveglianza di carabinieri e Digos, fanno sentire il loro peso. Ma Mandrelli, nonostante le minacce, i timori, ed i malumori, è riuscito, nei limiti del possibile, a far continuare normalmente la vita dentro casa. È riuscito così a negare due vittorie ai brigatisti: la prima, quella di influenzare negativamente la vita di tutti i giorni; la seconda, in sede processuale, ottenendo le condanne per gli imputati, dimostrando come l’omicidio Peci fosse una pura vendetta trasversale, la prova che «la lotta per la supremazia nelle Brigate Rosse si svolgeva a colpi di cadaveri gettati fra la gente», il punto di non ritorno del declino del movimento armato.

Colpirne uno è un concentrato di vicende: è la vita privata e pubblica di un magistrato, è l’efferato assassinio di un giovane, è il recupero di un complesso e feroce momento di crisi della storia d’Italia. «La crisi è la forma stessa della storia», così ha scritto lo storico Domenico Musti: Colpirne uno è l’esperienza di Mandrelli attraverso la storia della crisi delle BR, di quell’ultimo atto di prepotenza e violenza che, in realtà, incubava la fine della lotta armata, la quale sarebbe stata dichiarata conclusa un anno dopo il processo, nel 1987, da Renato Curcio, Mario Moretti e dagli altri storici membri del brigatismo rosso.

Silvio Gobbi

Mario Di Vito, Colpirne uno. Ritratto di famiglia con Brigate Rosse, Bari-Roma, Editori Laterza, 2022, pp. 192.

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