“Non è mai troppo tardi, ce l’hai insegnato tu”. Ha raccontato così, sulla propria pagina Instagram, la sua serata settempedana lo scrittore e giornalista Saverio Tommasi che, ospite della rassegna “Incontri con l’autore” dei Teatri di Sanseverino, ha vissuto qualcosa da incorniciare sui social e da condividere con le migliaia e migliaia di fans che lo seguono nel sito Fanpage.it.
“Racconto il mio libro al teatro Italia, bel teatro, pubblico, direttore del teatro che mi intervista, mi piace tutto – scrive Tommasi su Instagram -. Al termine si avvicina un uomo, avrà quasi sessant’anni, forse qualcosa meno, è imbarazzato oppure ha fretta. Gli chiedo una parola, faccio sempre così: le dediche le faccio nascere da una parola, a cui poi io costruisco intorno una frase. Lui mi dice: “No, solo una firma, un autografo, basta quello non voglio farti perdere tempo”. Io insisto, lo faccio volentieri e lo faccio con tutti, è tempo impiegato e non perso. Lui allora mi dice: “E’ il primo libro che compro”. Lo guardo, non sono convinto di aver capito, penso possa intendere il primo libro mio che compra, ma lui intende proprio “il primo libro in generale, non ho mai comprato un libro prima d’oggi”. La responsabilità dello scrivere, o del girare un video, per me risiede tutta qui: sapere di poter essere il primo per qualcuno. Poter influire così tanto in certi futuri, avvicinarmi dunque sempre con delicatezza. Caro uomo, ti ho voluto molto bene”.
La serata, presentata dal direttore artistico Francesco Rapaccioni, era andata via correndo dietro a tantissime riflessioni nate da semplici parole, le stesse contenuto nell’ultimo saggio di Tommasi dal titolo “In fondo basta una parola”, edito da Feltrinelli.
Da indifferenza, termine utilizzato per descrivere il male di oggi, a utopia, come visione di un qualcosa che non c’è ma può costruirsi e diventare, fino all’interessante fuori programma finale in un percorso di frasi dove al centro di tutto ci sono state tante parole: “Perché le parole – ha spiegato Tommasi – ci riportano a ciò che siamo, ovvero animali parlanti. Perché le parole, e solo le parole, di differenziano, insieme alle idee, ci distinguono fin dai tempi dell’Homo Sapiens dagli altri esseri viventi presenti sulla terra”.
Il saggio ultima opera dello scrittore contiene esattamente cinquanta parole che portano con sé cinquanta piccole storie di disaffezione quotidiana all’indifferenza, perché la rivoluzione gentile può partire soltanto da parole dannose al conflitto. Perché una parola può ferire, ma può anche salvare.