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La recensione: “Bombshell”, film diretto da Jay Roach

Megyn Kelly, anchorwoman di spicco del canale conservatore Fox News, è scelta per il dibattito con Donald Trump, candidato alla nomination repubblicana. La giornalista (e avvocato) è tosta: incalza il tycoon sulle sue dichiarazioni diffamatorie e sessiste nei confronti delle donne. Il fatto di essere una donna capace e schietta, infastidisce l’imprenditore il quale, stizzito, comincia a denigrarla attraverso Twitter. La vita di Megyn muta: gli haters cominciano a farsi sempre più insistenti. Inoltre, all’interno dell’azienda, sta emergendo uno scandalo: Rogers Ailes, CEO della Fox da tempo immemore, è accusato da Gretchen Carlson (altra giornalista di spicco dell’emittente) di averla violentata. Inizia il polverone per la rete di casa Murdoch: pian piano, tra incertezze, paure e ricatti, altre dipendenti cominciano a testimoniare contro Ailes (dopo vari dubbi, anche Megyn Kelly racconterà ciò che ha subito da Ailes), fino ad arrivare alla destituzione del CEO.

Una vera bomba: non a caso, il titolo del film è Bombshell, diretto da Jay Roach, sceneggiato da Charles Randolph, disponibile su Amazon Prime Video. Un fatto di cronaca delicato, testimone dell’ancora problematica situazione che troppe donne si ritrovano a vivere. Le tre protagoniste, Megyn Kelly, Gretchen Carlson e Kayla Pospisil (le prime due realmente esistenti, la terza un personaggio di finzione: una figura che fa da sintesi delle varie testimonianze di donne abusate) sono le vittime di una piramide maschilista. Promettere un lavoro in base alla disponibilità sessuale, le capacità vanno in secondo piano: questo è il paradigma. Non basta essere brave e preparate per ottenere un programma nella migliore fascia oraria della Fox: bisogna alzare la gonna (e non solo) secondo le voglie di Ailes. Non è facile denunciare: le donne si sentono sole, impaurite, ricattabili, abbandonate e sporche, non degne di rispetto e di credibilità, per questo le denunce sono lente ad affiorare (o proprio non vengono mai a galla). Jay Roach punta ad una narrazione serrata, veloce e fitta: sotto questo aspetto, grande è il merito dello sceneggiatore Randolph, noto per aver scritto l’ottimo lavoro La grande scommessa (The Big Short, regia Adam McKay, 2015). Lo stile è precisamente quello: concitato e dettagliato, pieno di nomi e di fatti. La pellicola è rinforzata dall’ottima interpretazione delle tre attrici protagoniste: Charlize Theron, Nicole Kidman e Margot Robbie (rispettivamente, Megyn Kelly, Gretchen Carlson e Kayla Pospisil). Tutte e tre entrano perfettamente nei loro ruoli: hanno percepito la gravità della storia da loro rappresentata e si immedesimano pienamente nella vicenda. L’impronta dell’inchiesta è efficace: ciò che viene raccontato, non può essere dimenticato. Bombshell è la punta dell’iceberg della condizione femminile comune a molti ambienti lavorativi, competitivi o meno che siano, sia pubblici che privati: il retaggio della donna soprammobile/oggetto è diffuso non soltanto tra i conservatori. Il caso Ailes è precursore (di un anno) del più famoso #MeToo, il movimento che travolse la figura del produttore cinematografico Harvey Weinstein. Esempi di un utilizzo deviato del sesso, come un efferato strumento di potere e brutalità. Le violenze subite dalle dipendenti della Fox non sono le uniche al mondo, ma le poche venute fuori: quante altre storie ci sono ancora da raccontare, gravi ed esplosive come queste. È solo l’inizio, tante “bombshells” sono ancora nei paraggi.

Silvio Gobbi

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