di Alberto Pellegrino
“Macerata Musei” ha allestito a Palazzo Bonaccorsi, dal 6 febbraio al 6 marzo 2020, la Mostra One Day in London di Nino Migliori, a cura del nostro concittadino Roberto Maggiori affermato studioso di fotografia, che ha curato anche il piccolo ma elegante catalogo pubblicato dall’Editrice Quinlan (San Severino Marche, 2020, www.aroundphotography.it). L’iniziativa, patrocinata dal Comune di Macerata e dall’Accademia di Belle Arti, ha fatto parte del “Festival Indipendenze” organizzato dal Dipartimento Dipendenza dell’Area Vasta 3 dell’Asur Marche con lo scopo di esplorare i vari linguaggi artistici e avviare una riflessione sui mali più aggressivi e subdoli della nostra società come le dipendenze e le nevrosi, che si possono curare anche attraverso le relazioni sociali, la partecipazione e il senso di responsabilità, per cui l’arte diventa un’efficace terapia come sta dimostrando l’esperimento portato avanti insieme all’Accademia di Belle Arti di Macerata.
Nino Migliori (1926) è uno dei maggiori fotografi italiani a livello nazionale e internazionale e la sua opera è caratterizzata da una “poligamia espressiva” (come l’ha definita Michele Smargiassi), che gli ha consentito di lavorare per decine di anni su diversi materiali, soggetti e linguaggi fotografici.
Migliori è stato, infatti, un costante indagatore della realtà sociale del nostro Paese interpretata attraverso il filtro poetico del suo obbiettivo come dimostrano quei lavori che ne hanno fanno un maestro del realismo fotografico (Gente dell’Emilia, Gente del Sud, Gente del Nord, Gente del Delta) e del “racconto per immagini”. Nello stesso tempo egli è stato il riconosciuto maestro dell’informale fotografico, l’erede di Man Ray e Moholy-Nagy nel campo di una sperimentazione fotografica che è iniziata nel 1948 con una serie di fondamentali ricerche (Ossidazioni, Pirogrammi, Ideogrammi, Collogrammi) e che è continuata nel tempo, aprendo nuove strade al linguaggio fotografico. “Sono sempre attratto da quello che mi circonda. – ha dichiarato l’artista nell’intervista rilasciata a Roberto Maggiori – E’ un gioco di seduzione che può innescarsi e quando ne vengo catturato non posso fare altro che seguire il bersaglio del desiderio, sentirne forte il richiamo…Che sia un paesaggio, una persona, un oggetto, una situazione, non importa, quello che mi piace fermare con la fotografia… è tutto quello che mi ha suscitato un’emozione”.
La mostra di Macerata ha rappresentato una scelta particolarmente significativa, perché ha fatto conoscere tre racconti per immagini realizzati da Migliori nel 2006 e nel 2014/15, tutti ambientati nella città di Londra che costituisce una particolare fonte d’ispirazione per il Maestro. Essi dimostrano che per questo artista la fotografia è più vicina alla letteratura rispetto alle altre arti figurative, perché essa ha un suo specifico linguaggio e una precisa capacità narrativa che può essere contenuta in una sola immagine o può essere sviluppata in una narrazione di più ampio respiro.
Il primo racconto in bianco e nero s’intitola The South Kensington Suway-Windws ed è costituito da alcune fotografie realizzate nel tunnel di questa metropolitana londinese che porta alle entrate dei tre musei vittoriani Victoria and Albert Museum, Science Museum e Natural History Museum. Dall’interno del vagone Migliori è rimasto colpito da alcune finestre poco illuminate dietro le quali s’intravvedevano delle ombre in movimento e dalle forme insolite che hanno acceso la sua fantasia. L’artista ha scorto in quella “realtà magmatica” dei paesaggi lunari, degli animali fantastici, dei mari in tempesta, un mondo che ha sentito il bisogno di fotografare. Quando è “sbarcato” nel giardino che circonda i Musei, si è reso conto che quelle forme straordinarie erano create dalle foglie cadute dagli alberi e agitate dal vento, per cui è stato riportato alla cruda realtà, ma ormai la sua fantasia aveva creato quelle fantasiose e magiche immagini.
Il secondo racconto s’intitola Cadmen Market e fa parte del progetto “Imago Mentis” (2019) costituito da diversi generi fotografici capaci di rappresentare “il lato fantastico, fiabesco e illusorio della realtà”. In questo caso Migliori ci trasporta nel mondo del Pop psichedelico fatto di forti colori e di significative immagini che caratterizzano le insegne dei negozi lungo la Cadmen Town. Si tratta di fotografie che trasfigurano una semplice realtà pubblicitaria trasformandola in atmosfere e forme divise tra fantasia e consumismo, in icone che simboleggiano forme espressive ed esistenziali legate al mondo contemporaneo.
Il terzo racconto s’intitola Cuprum e ci riporta nel clima dello sperimentalismo così caro a Migliori. A differenza del primo percorso narrativo fatto d’immagini fantastiche e poetiche nate dalla creatività dell’autore, ci troviamo di fronte a un’opera che nasce quasi per caso all’interno di un affollato pub londinese, dove l’autore è entrato all’ora di pranzo. Seduto dinanzi a un piccolo tavolo di rame, egli è stato attratto dalle tracce che bicchieri, bottiglie, boccali di birra, stracci dei camerieri avevano su quella superficie rotonda. Colto allora da un’improvvisa folgorazione che gli richiamato alle mente le sue antiche “ossidazioni”, ha cominciato a fotografare quelle “tracce” su tutti i tavolini. È nato così uno straordinario universo dominato dal colore rossastro del rame con quei “segnali” che il passaggio dell’uomo aveva inciso nel tempo. Quelle rosse immagini su fondo nero, filtrate dal suo obbiettivo, hanno perso ogni connotazione e consistenza materiale per diventare dei corpi astrali, dei lontanissimi pianeti ancora da esplorare, alla scoperta dei quali Migliori sembra volerci prendere per mano per farci fare un straordinario viaggio attraverso un mondo astrale apparentemente lontanissimo eppure reso vicino e quindi accessibile dalla sua e dalla nostra fantasia.