“Lungo il leggendario tragitto del carro con l’urna del Santo Patrono Severino”: è il titolo dell’iniziativa che si tiene domenica 3 novembre per ripercorrere a piedi il tragitto che il carro trainato dai buoi con sopra l’urna sepolcrale di San Severino avrebbe percorso nel lontano 590 dopo Cristo. Questo trekking urbano, ideato e guidato da Luca Maria Cristini, autore del volume “San Severino vescovo di Settempeda” è una sorta di processione laica che avrà inizio proprio dalla Pieve di San Severino e raggiungerà il Castello facendo tappa in tutti i luoghi dove si ritiene che il carro con San Severino fece le proprie fermate. Con l’occasione nell’edicola che sorge a pochi metri dall’antica chiesa dell’area archeologica di Settempeda verrà ricollocata un’immagine di San Severino vescovo, copia di un dipinto antico conservato nel palazzo vescovile e fatto riprodurre. L’immagine è stata benedetta proprio per questa occasione dal cardinale Edoardo Menichelli. Tutti sono invitati a partecipare e l’adesione è gratuita. In caso di maltempo, la manifestazione sarà rinviata a domenica 10 novembre. L’iniziativa ha il patrocinio del Comune, della Pro loco e dell’Associazione Palio dei Castelli.
Il programma
Ore 9 – Ritrovo nell’area archeologica di Septempeda, sulla Provinciale 361 in località Pieve, e istallazione della nuova immagine benedetta nell’edicola medievale.
Ore 9.30 – Partenza del trekking urbano guidato da Luca Maria Cristini con soste nei punti ove il corteo tradizionalmente si fermò.
Ore 11.30 – Arrivo previsto al Duomo vecchio di Castello al monte, santuario di San Severino.
La traslazione del corpo di San Severino tra verità e leggenda
La tradizione vuole che i resti del Santo, nascosti per il rischio di trafugamento, siano rimasti in oblio per almeno quaranta anni e che siano stati rinvenuti fortuitamente il 3 novembre 590. Sarebbero stati solennemente ricomposti e trasportati dall’antica cattedrale di Settempeda fino al Castel Reale, sulla sommità del Monte Nero, ove, come già detto, il nuovo insediamento medievale si andava formando. Secondo gli storici, il carro con il corpo di San Severino furono aggiogati due bianchi giovenchi, fu seguito lungo il percorso dai chierici e dal popolo festante con ceri accesi e all’approssimarsi del corteo, la strada si adornava ovunque di fiori sbocciati all’istante. Narra padre Bernardo Gentili che San Severino fosse apparso in sogno a un sacerdote settempedano rivelandogli – oltre alle modalità già viste con cui il feretro si sarebbe dovuto trasferire – che il luogo in cui buoi si sarebbero fermati, senza essere condizionati da alcun conducente, quello sarebbe stato il punto di sepoltura. Inoltre, una nuova città ivi costruita sarebbe sempre stata sotto la sua patronale tutela.
Come è facile immaginare, anche questo trasporto miracoloso è stato nei secoli oggetto di leggenda e della fantasiosa devozione popolare, che ha portato ad attribuire al carro numerose fermate lungo il tragitto, specialmente ove vi fosse qualche segnale sacro. Tantissimi storici e si sono dedicati a rammentare e descrivere questo evento prodigioso, al punto che Giuseppe Ranaldi riferisce di ben novantasette contributi che trattano questo prodigioso trasporto.
Il luogo dove era il ponte detto di San Severino, minato e distrutto dalle truppe tedesche in ritirata nel 1944, sarebbe proprio il punto dove la processione avrebbe attraversato il corso del fiume Potenza, le cui acque si sarebbero ritratte miracolosamente per facilitare il guado. Proseguendo il loro tragitto, sempre non guidati, i buoi si sarebbero diretti verso il Monte Nero, inginocchiandosi e sostando dove oggi è la chiesina di Santa Maria della Pitturetta, riedificata nel secolo XIX inglobando una più antica edicola viaria con un affresco quattrocentesco.
Rimessisi in moto, ancora una volta senza alcuno stimolo da parte di coloro che li accompagnavano, i due giovenchi si sarebbero definitivamente fermati sulla sommità del Monte Nero, ove sorgeva il Castel Reale. All’interno del castello le spoglie avrebbero infine trovato nuova sepoltura e una chiesa vi sarebbe stata eretta in onore del santo – come afferma Colucci – proprio sul luogo dove egli aveva avuto il proprio romitorio: “in eodem sepultus loco, in quo habuerat monasterium”.