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Giorgio Gulini assieme alla moglie "Lella"
Giorgio Gulini assieme alla moglie "Lella"

Ciao Giorgio, con te se ne va uno spicchio di romanticismo

Eccolo, Giorgio Gulini, sorridente, in una recente foto di famiglia. Accanto a lui l’inseparabile compagna di una vita, la moglie “Lella” Sfrappini. Prima di Ferragosto “Matalò” – come lo chiamavano in molti – se n’è andato in punta dei piedi, durante una notte “strana”, la stessa in cui il cuore ha tradito Cesare Petrocchi. La famiglia, rispettando la volontà di Giorgio, non ha affisso manifesti: i suoi funerali sono stati celebrati in privato nella chiesa di San Domenico, poi la tumulazione nel cimitero di San Michele. Aveva 81 anni. Oltre alla moglie Raffaella (‘Lella’), lascia i figli Beatrice e Tommaso (con la compagna Silvia), il genero Andrea, i nipoti Enrico e Riccardo.
Vissuto a poche decine di metri dai campi in terra rossa, Giorgio Gulini aveva la grande passione per il tennis: quando si giocava per giocare, ai tempi delle racchette di legno, era un incallito sfidante. I suoi “siparietti” con gli amici restano negli annali del Circolo tennistico di San Severino. Cordiale, simpatico, buono e fiero delle sue idee, ha visto crescere tantissimi giovani settempedani che passavano nel suo negozio, in piazza, per vestire alla moda con i jeans del momento. Negli anni ’70 aprì la prima jeanseria, portando in vetrina prima i Levi’s 501 e poi gli altri modelli delle ultime tendenze giovanili. Giorgio aveva così ampliato, e modernizzato, la storica attività commerciale della famiglia Mataloni che suo nonno materno avviò nel lontano 1907 con la vendita di tessuti e stoffe. Erano davvero altri tempi: i ragazzi e le ragazze andavano in piazza per corteggiare ed essere corteggiate, non c’erano le scorciatoie dei social, né esisteva Amazon per gli acquisti online. Il jeans lo misuravi lì, lo sentivi sulla pelle e lo vedevi allo specchio in quell’angolo di mondo che Giorgio aveva portato a San Severino per renderlo familiare e caldo, non solo con il legno dell’arredo, ma anche e soprattutto col suo sorriso che spesso accompagnava a una scanzonata battuta. Il fascino, il romanticismo, di quell’epoca svanisce così con l’ultimo dei “Matalò”.

m. g.

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