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La recensione. ‘Il premio’: una strada giusta percorsa a metà

Giovanni Passamonte (Gigi Proietti) è un noto scrittore pronto a ritirare il premio Nobel per la Letteratura. Vuole recarsi alla cerimonia in macchina, con il suo fedele e devoto segretario Rinaldo (Rocco Papaleo), ma il giorno della partenza si aggrega il figlio Oreste (Alessandro Gassmann). Come se non bastasse, l’ultima ad associarsi è la figlia di Giovanni e sorellastra di Oreste, Lucrezia (Anna Foglietta). Tutti e quattro partono per raggiungere Stoccolma, in una sorta di gita “on the road”, molto italiana e poco americana. L’atmosfera è tesa: Giovanni è un uomo di cultura inguaribilmente cinico ed egocentrico, di poche e sgradevoli parole; Oreste è l’opposto del padre, lavora come personal trainer, ed è in crisi con il lavoro e con la moglie; Lucrezia è una blogger sconclusionata, aspirante scrittrice senza talento, e fluttua in una vita nevrotica e superficiale. Come se non bastasse, il nostro premio Nobel ha sparso in tutto il mondo una quantità di figli incalcolabile: tipico scrittore geniale, affascinante, donnaiolo e senza senso della famiglia. Nel corso del viaggio, gli attriti tra i personaggi emergono sempre di più, fino ad arrivare all’esplosione finale, poco prima della cerimonia del Nobel.
Questo è Il premio di Alessandro Gassmann. Una commedia dagli spunti amari e dalle sfumature tristi. Bravi interpreti, sui quali regge tutto il film: Anna Foglietta, Alessandro Gassmann e Rocco Papaleo recitano bene, senza oscurarsi tra di loro. Una menzione speciale va a Gigi Proietti, ben riuscito in questo personaggio caustico e silenzioso, dalle poche ma nette parole (la sua figura ricorda un po’ la cupezza dell’ultimo Vittorio Gassman, il padre di Alessandro). Questa sua diversa veste, sgradevole e goliardica al tempo stesso, è molto apprezzabile. Per il resto, il film non eccelle: l’idea di partenza era buona, ma la storia effettiva non ne è all’altezza, ed i personaggi, seppur ben interpretati, non sono così memorabili. Immediato è il riferimento al capolavoro dello svedese Ingmar Bergman Il posto delle fragole (1957), dove il protagonista, l’anziano medico Isak Borg (Victor Sjöström), si reca in macchina, accompagnato dalla nuora, a ritirare un prestigioso premio alla carriera. Durante il viaggio, egli ripercorre la sua vita, i suoi rimpianti ed errori con l’ineguagliabile profondità che ha caratterizzato tutte le pellicole del più famoso regista svedese. Sicuramente, l’intento del film di Gassmann non era quello di ricreare precisamente l’atmosfera del film di Bergman, ma il viaggio di Passamonte ha lo stesso intento di quello di Borg: un’occasione per ripercorrere la propria vita. Però, in questa commedia, l’indagine sulla figura del protagonista rimane sospesa tra sprazzi interessanti e cliché già noti. Di conseguenza, il risultato complessivo dell’opera rimane monco: un tentativo, pieno di buone intenzioni, di produrre una pellicola degna del periodo d’oro della nostra “commedia all’italiana” (capace di far ridere e commuovere allo stesso tempo) che, però, non è riuscito a prendere pienamente corpo. Il premio tenta di recuperare la coralità, la drammaticità, l’ironia e la comicità che hanno caratterizzato i nostri capolavori del passato, rimanendo purtroppo a metà del percorso. La strada era quella giusta, c’era solo da percorrerla.
Silvio Gobbi

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