All’idomani del Consiglio comunale, i simpatizzanti locali del Movimento 5 stelle hanno divulgato la lettera che pubblichiamo di seguito. A margine ci sono le firme di Amelio Balloriani, Mauro Bompadre, Elisa Calamante, Cadia Carloni, Danila De Santis, Maurizio Forconi, Daniele Martini, Luca Mengoni, Stefano Nepi, Mauro Paciaroni, Lucia Palmioli, Piergiorgio Paparelli, Angelica Petrocchi ed Edoardo Tomassetti.
“Un’occasione persa, una speranza di salvezza resa vana per il nostro ospedale cittadino. Il 12 febbraio 2016 sette consiglieri su dodici, incluso il sindaco Martini, con ben cinque ulteriori consiglieri assenti, a San Severino hanno ufficialmente dichiarato, con il loro voto in Consiglio comunale, che non sono interessati a rimettere in discussione il piano regionale della sanità della Giunta Pd di Ceriscioli. Un piano sanitario che in questo momento prevede la chiusura del punto nascite settempedano ma che, molto più pesantemente, per il medio-lungo termine e nonostante le rassicurazioni della lettera “fantasma” del presidente Ceriscioli, uscita in Consiglio per magia dal cassetto del sindaco, prevederebbe la chiusura degli ospedali esistenti in provincia e la creazione di un unico ospedale, forse a Macerata o addirittura delocalizzato a Civitanova!
Ora, al di là di schieramenti e opinioni di partito, il punto è uno: siamo veramente convinti che la longevità tipica della nostra regione non sia anche dovuta agli ospedali diffusi sul territorio che abbiamo avuto via via dal dopoguerra? Siamo veramente convinti che in questo momento storico abbia senso spendere milioni e milioni di nostri soldi per creare nuovi muri, un nuovo grande ospedale, quando stiamo cercando di risparmiare su garze e posti letto? Chi pagherà i debiti generati in Regione per la costruzione di questi nuovi palazzi? Ci chiediamo come mai stiano fiorendo come funghi i presidi ospedalieri privati, di diagnostica e di cura, in sostituzione di quelli pubblici che vengono ridotti o spesso cancellati?
Il nostro ospedale a San Severino è in una struttura moderna, sono stati fatti importanti investimenti di recente, la cogenerazione energetica, l’immenso parcheggio indubbiamente più comodo addirittura di quello dell’ospedale di Torrette, l’eliporto con illuminazione notturna, per citarne alcuni. Che fine farà tutto questo? Perché non portiamo a frutto questi investimenti invece di seguitare a spendere per costruire nuovi ospedali?
E’ in atto un furto della dignità di noi cittadini italiani. Invece di ascoltare la propria coscienza e dare voce al proprio senso di responsabilità, invece di ascoltare i bisogni delle persone, i nostri amministratori lasciano ricadere le loro scelte verso l’obbedienza ai grandi poteri, lasciando i territori con un pugno di mosche in mano e seguitando a sprecare denaro pubblico, nonostante ormai non ce ne sia quasi più.
La maggioranza guidata dal Pd che è al governo settempedano, con il proprio voto, si è espressa contro il cambiamento del piano sanitario regionale, ad esclusione soltanto del consigliere Taborro. Neanche è stato possibile contare sul ragionevole voto di astensione di chi dentro l’ospedale ci lavora anche con mansioni di responsabilità, con qualche dubbio in termini di conflitto di interessi in atto. Anzi, è stato dichiarato in Consiglio dal vice sindaco Felicioli che la richiesta di un referendum, quindi della partecipazione di tutti i cittadini, è antidemocratica e che si sarebbe dimesso se la delibera avesse ricevuto il voto favorevole della maggioranza. Non sarà forse un po’ troppo per i settempedani che lo hanno votato?
Chiediamo a questo punto che, per onestà di comunicazione verso i cittadini, venga tolto dal balcone del palazzo comunale lo striscione “NO ALLA CHIUSURA DEL PUNTO NASCITE” perché ieri, appunto, a questa opportunità l’amministrazione comunale avrebbe potuto dare un concreto supporto. Quale futuro concreto, effettivo, efficace e di lunga durata quest’amministrazione comunale stia dando alla tutela della salute nel nostro territorio e di noi cittadini, oltre a rincorrere e coprire le diverse proteste di comitati, liberi cittadini e movimenti, questo l’interrogativo che resta”.