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Home | Cultura | I novant’anni di Luigi Balducci artista delle forme
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Opere di Luigi Balducci
Opere di Luigi Balducci

I novant’anni di Luigi Balducci artista delle forme

Pubblicato da Redazione in Cultura 15 marzo 2014 3,638 Visite

E’ un piacere e un onore celebrare il novantesimo compleanno di Luigi Balducci, figura eminente del panorama artistico settempedano per la sua lunga militanza come scultore attivo in campo locale e nazionale. Operaio, artigiano del lego, partigiano, militante politico, Balducci ha scoperto la propria vocazione artistica agli inizi degli anni Sessanta, quando ha cominciato a incidere e scavare il legno, il tufo, la pietra e il bronzo alla ricerca di figure e di forme che potessero esprimere il suo ricco mondo interiore. Su questi materiali “poveri” egli ha riversato la sua passionalità ed energia, la sua creatività e la sua voglia di essere a suo modo presente nella società del suo tempo con la sua capacità di esaltarne i valori umani e spirituali, di criticarne gli aspetti più negativi e deteriori. Balducci ha in qualche modo riversato la sua anima inquieta nella materia, in un primo momento secondo modalità che qualcuno ha voluto definire “naif”, per poi liberarsi di certi stilemi per arrivare alla creazione di forme più complesse e raffinate maggiormente in sintonia con i percorsi tracciati dalla scultura italiana del secondo Novecento, mettendo in mostra una propria e indiscussa personalità. Di fronte alle continue scoperte e riscoperte, alle ripetute invenzioni e reinvenzioni, il primo a intuire, unitamente a chi scrive, questo fondamentale passaggio dell’arte di Balducci è stato il critico d’arte Nevio Iori, quando a proposito del tormento interiore dell’artista ha detto che “solo chi non accetta l’arte come gioco, ma come sublimazione del naturale in sé perché continua contrapposizione fra il reale e il metafisico, fra il naturale e il surreale per trarre metamorfosi del pensiero fatto forma, dello spirito che plasma cose per fermarle nello spazio, nel tempo, nell’anima del prossimo, ha dubbi e tormenti”.

In una prima fase della sua produzione artistica Balducci ha l’intuizione di affidarsi al suo istinto, alla sua naturale sensibilità che gli consente di adattare le forme casuali di rami d’edera, radici, pezzi di ulivo, pietre scavate e dilavate dal tempo in suggestive trasfigurazioni che derivano dalla sua fervida immaginazione, da notturne visioni oniriche, da stimoli profondi dell’inconscio. In una seconda fase questo autodidatta comincia a creare delle affascinanti spirali, scava materia secondo una visione fatta di pieni e di vuoti, modula delle forme che ruotano intorno a un unico asse sempre rispettando il canone classico della scultura a tutto tondo da scoprire nelle sue molteplici facce.

A questo punto Balducci scopre la poesia della forma, l’importanza di una coerenza linguistica, la consapevolezza di poter comunicare emozioni, percorrendo strade solo apparentemente diverse e persino contrastanti: usa la pietra, il legno e il bronzo per creare figure di donne, di uomini, di animali; penetra nella materia per trarne delle forme del tutto astratte. Si tratta di opere che testimoniano ancora una volta la presenza di due anime che convivono in Balducci uomo e scultore: da un lato, egli sente il bisogno di soddisfare l’innata esigenza di scandagliare e cercare di comprendere la realtà circostante, fissando nella materia volti e immagini che hanno colpito la sua sensibilità; dall’altro lato, egli è spinto a creare delle forme che prendono vita sotto l’urgenza della sua fantasia. Quella che può apparire come una contraddizione, trova invece una giustificazione e una sintesi nello stimolo di fondo che muove l’operato di Luigi Balducci. Infatti, tutte le sue opere scaturiscono dall’esigenza di capire la vita, di cercare una spiegazione ai fenomeni che riguardano l’umanità del nostro tempo: i drammi, le spirazioni, le conquiste, le crudeltà, le violenze, gli slanci generosi degli esseri umani sono le tematiche costanti di una scultura che sa dare un linguaggio alle pietre, ai rami, ai tronchi d’albero, al bronzo, che parte dalla natura per arrivare direttamente all’uomo.

Alberto Pellegrino

 

Mostre personali

1967. Piccola Galleria UCAI, Brescia

1976. Pinacoteca Comunale di San Severino Marche

1977. Palazzo Ducale di Colorno (Parma)

1977. Centro Culturale d’arte “Il torchio”, Modena

1978. Centro artistico culturale, Brescia

1980. Settimana dei Comuni marchigiani, Museo Civico di Milano

Mostre collettive

1966. Seconda Biennale Nazionale d’Arte Sacra, San Severino Marche

1967/1968/1969. Premio Nazionale “Salvi” di Sassoferrato

1968. Il mondo dei naif. Festival dei Due Mondi, Palazzo Anchiani, Spoleto

1969. Il paradiso dei naif. Palazzo dei Principi, Mostra Internazionale di Correggio

1969/1970. Mostra del piccolo formato, Galleria UCAI, Brescia

1970/1972. Mostra internazionale di scultura all’aperto della Fondazione Pagani, Legnano

1970/1971/1973. Mostra Nazionale Città di Asti

1974. Prima Biennale internazionale naif Città di Como

1976. Seconda Triennale Nazionale di Arte Naive, Galleria Zanardelli, Concordia (Modena)

Gli sono stati assegnati diversi premi e sue opere si trovano nella Pinacoteca Civica di Correggio, nel Museo d’arte moderna della Fondazione Pagani di Legnano, Nella galleria Antoinette di Parigi.

Hanno scritto di lui Achille Alba, Settimio Cambio, D’Alma Folco Zambelli, Nevio Iori, Elverio Maurizi, Dino Menozzi, Maurizio Mercuri, Anna Maria Micozzi Ferri, Alberto Pellegrino, Gualberto Piangatelli.

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Balducci Luigi 2014-03-15
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TAG: Balducci Luigi

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