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Home | Cultura | La recensione del film “Annette” diretto da Leos Carax
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La recensione del film “Annette” diretto da Leos Carax

Pubblicato da Mauro Grespini in Cultura 628 Visite

Henry McHenry, brillante e caustico “stand-up comedian”, noto come “The Ape of God”, è innamorato di Ann Desfranoux, cantante lirica in ascesa. Lui è noto per i suoi monologhi comici, irriverenti e polemici, lei è amata dal pubblico per come sa soffrire e morire in scena. I due hanno una bambina, Annette, ma, col tempo, la carriera di lui comincia a calare, invece il successo di Ann cresce: il loro rapporto degenera in maniera colossale, con conseguenze drammatiche per ogni membro della famiglia. Tutti ingredienti apparentemente noti, ma sotto la mente di Leos Carax, prendono la forma di Annette, un drammatico musical acuto, elaborato e dallo sviluppo incalzante.

Non un regista di commedie, non un artista anonimo e prevedibile: Leos Carax ha girato in tutto sei lungometraggi, ed ogni volta ha realizzato dei lavori unici ed estremi. Con questo nuovo film, premiato a Cannes 2021 con il “Prix de la mise en scène” (“Miglior regia”), l’autore realizza un’opera dallo sviluppo tenebroso e mortifero, capace di annientare la leggerezza in ogni sua forma. Due ore e venti dove Henry ed Ann affondano, sempre di più, nel loro mare oscuro, un oceano di male, possessione, gelosia, rivalità artistica, incapacità di intessere sinceri rapporti umani: un’autentica discesa nel maelström, tale da svelare le più profonde ombre dei protagonisti (l’egoismo violento e turbato di Henry, l’inaspettata decisione di Ann nei confronti della figlia).

Carax è ricco e barocco nelle immagini, utilizza la camera come un vero maestro d’orchestra, alternando sequenze distese a movimenti sincopati, figure artefatte e caricaturali a scene lucenti e nitide. Annette, musical irrefrenabilmente disturbante, ti trascina fino in fondo al dolore, all’abisso di cui tanto Henry parla nei suoi show, l’abisso che circonda la sua vita, influenza il suo rapporto con Ann e travolge la piccola Annette (“abyssus abyssum invocat”). Annette è il giocattolo dei genitori (e “giocattolo” è il termine preciso): strumento di vendetta per la madre, gallina dalle uova d’oro per il padre. Figlia di due fagocitanti personalità che si sono incrociate, vuole ripudiare i propri genitori, le proprie doti: è il futuro che vuole rinnegare il proprio passato, tagliare le sue radici, come si vede palesemente nel perfetto finale.

Annette è un film sul logoramento, sul depauperamento di Henry, della sua vita, di chiunque gli sia intorno. Il tempo consuma il brillante comico, mostrandone la vera cruenta natura, incapace di capire se sa amare o se soltanto ama possedere. Il tempo non è inclemente solo con lui, ma con ognuno: il tempo tira giù le maschere, le fa svanire, e tutti vengono assorbiti da una oscurità densa, dove non ci sono più canzoni per allietarla, non più luci per schiarirla. Il regista condensa qui tutto il suo cinema, i suoi tormenti, le sue manie percorse nelle precedenti pellicole, come Boy Meets Girl (1984), Gli amanti del Pont-Neuf (1991) e Holy Motors (2012). Con il grande contributo delle canzoni degli Sparks, e le indimenticabili interpretazioni dei protagonisti (Adam Driver, Marion Cotillard, Simon Helberg e la piccola Devyn McDowell danno il massimo di loro stessi), Leos Carax veicola l’azione e la distruzione attraverso la musica, donandoci un’opera sfrenata ed impossibile da classificare, degna della sua filmografia. Un film denso di visioni, di citazioni e autocitazioni, di temi: un lavoro che chiede di essere inseguito, dal principio alla fine, capace di catturare l’attenzione fino ai titoli di coda.

Silvio Gobbi

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recensione cinematografica 2021-11-19
+Mauro Grespini
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TAG: recensione cinematografica

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