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L'Arminuta
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“L’Arminuta”, lungometraggio diretto da Giuseppe Bonito

Nell’estate del 1975, una ragazzina di tredici anni si ritrova, di punto in bianco, catapultata nella campagna abruzzese. I genitori di città, coloro che l’hanno cresciuta, in realtà non sono i suoi genitori biologici. Ora si ritrova in questa famiglia, con i suoi veri genitori, quattro fratelli ed una sorellina. La ragazza, detta “l’arminuta” (in dialetto abruzzese indica la “ritornata”), è costretta così a vivere in un ambiente nettamente dissimile dalla vita borghese e cittadina alla quale era abituata. Le differenze sembrano enormi, la mancanza dei suoi “finti” genitori gigante: la giovane cercherà di capire il perché di questo trasferimento coatto, imparerà, attraverso una dura lotta interiore, ad accettare il nuovo ambiente, riconciliandosi con le sue autentiche origini.

L’Arminuta, lungometraggio diretto da Giuseppe Bonito, è tratto dall’omonimo romanzo di Donatella Di Pietrantonio (Premio Campiello 2017) e sceneggiato da Di Pietrantonio stessa e da Monica Zapelli. Una storia di conflitto e integrazione, una graduale, ma faticosa, ricerca dell’armonia di una giovanissima in una piccola realtà, ambientata in un’Italia dove pochi chilometri di distanza equivalevano ad un autentico viaggio nel tempo, tale da farti immergere in ambienti difformi sotto ogni aspetto: differenti modelli familiari, cibi, miti, usanze ed anche il linguaggio (lo stacco tra la lingua italiana della città ed il puro dialetto della campagna è marcatissimo).

In questo mondo refrattario alle novità ed ai mutamenti, l’arminuta deve imparare ad adattarsi, fortunatamente accompagnata dalla sorellina Adriana, la quale si affeziona sin da subito alla sorella maggiore mai conosciuta prima. Per la protagonista, inizia un progressivo, difficile, processo di integrazione: le sceneggiatrici e il regista Bonito, con grande naturalezza, ci raccontano questa storia fatta di incontri, scontri, distacchi e nuovi affetti; un percorso graduale di crescita, senza morbose passività né drammi esasperati, senza calcare la mano sugli aspetti caricaturali e sui possibili clichés. Raccontata con ritmo, L’Arminuta è anche un’ottima occasione per ricordarci dei tanti racconti noti, le molte testimonianze narrate da vari libri, film, documentari sul mondo contadino, sulle distinzioni tra città e campagna, le vicende di quelle disgraziate famiglie costrette, dalla fame, a dare un proprio figlio ad una coppia più ricca per poter sopravvivere.

In mezzo a questo mondo, dove lei si sente una vera aliena, la ragazzina scopre l’amore dove non se lo aspettava, dai rudi, poco espansivi, ma sinceri genitori di campagna, comprende anche il marcio della sua vita precedente, sfiora addirittura il sesso incestuoso con il fratello maggiore, Vincenzo. Il dolore sordo che prova per il distacco dalla famiglia di città, enfatizzato lungo tutta la pellicola dai silenzi, dai potenti primi piani, muta quando matura la sua coscienza, quando comprende ed accetta il mondo in cui si trova senza perdere sé stessa. Così si riconcilia, unendo il passato al presente, congiungendo, simbolicamente e fisicamente, i due elementi che la compongono: il mare della città in cui è cresciuta, e la terra della campagna, dove non sapeva di avere le sue radici.

Silvio Gobbi

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