Lungo la strada che da Castelsantangelo va a Castelluccio c’è una piccola cappellina, che il terremoto ha squarciato a metà. Al suo interno è rimasta intatta una piccola Pietà in pietra, di epoca cinquecentesca: la Madonna della Cona. Il luogo è un simbolo che da cinquecento anni suggella la pace fra Norcia e Castelluccio, entrati in lotta per dividersi i pascoli. Qui domenica scorsa, 4 luglio, si è festeggiata la Madonna della Cona, una devozione che ha firmato la pace dopo gli scontri sul Piano Perduto. Insieme al vescovo, mons. Francesco Massara, e tante autorità: il Consiglio regionale delle Marche era rappresentato da Dino Latini e Romano Carancini, il Cosmari dal Direttore generale Giuseppe Giampaoli, il Parco dei Sibillini da Andrea Spaterna, la Provincia di Macerata dal presidente Antonio Pettinari. Erano presenti, inoltre, il sindaco di Camerino, Sandro Sborgia, il consigliere comunale di Visso, Filippo Sensi, l’architetto Luca Maria Cristini, l’ingegnere Romualdo Mattioni e il geologo Fabio Facciaroni che si sono occupati del restauro, nonché i carabinieri e molte associazioni. In particolare, Barbara Minghetti per lo Sferisterio Opera Festival, le Pro loco e le Confraternite di Castelluccio di Norcia e Castelsantangelo.
Grazie ai lavori di restauro della piccola cappella, promossi dal Cai di Macerata, Camerino e San Severino, e ormai quasi terminati, tanta gente si è potuta riunire per la festa della Madonna della Cona. Due giovani musicisti hanno contribuito a rendere indimenticabile l’evento: Lavinia Repupilli e Niccolò Santi. I due violoncellisti hanno interpretato le musiche, composte per il loro Duo da P. Armando Pierucci.
P. Armando è stato per 26 anni organista del Santo Sepolcro e fondatore della Scuola di musica Magnificat di Gerusalemme, per ebrei, cristiani e musulmani.
Il titolo della composizione è Ieri, Oggi, Domani. Un titolo che ben si addice alla circostanza, piena di ricordi del passato, delle contraddizioni e del coraggio dell’Oggi, di speranze per il Domani.
Ieri: le note si rincorrono in un gioco che i musicisti chiamano fugato, J. S. Bach lo usava molto spesso. Sono l’immagine di un torrentello che scende dalla montagna. Le acque sono cristalline, parlano di cose venute dall’alto e, aspergendo le rive di verde e di fiori, trasmettono la gioia di chi va verso il mare.
Oggi: gli accordi sono aspri, la melodia è angolosa. Tuttavia il ritmo danza un waltzer. E’ proprio come la vita di ogni giorno: fatica e problemi, ma c’è sempre qualcuno che ha bisogno di te: ci si prende per mano. Danzando torna la gioia di vivere.
Domani: su un’armonia in dissidio con la tonalità di base è scandita una melodia coraggiosa, poco orecchiabile. Ci si chiede: “Dove va a finire?” Ecco, alla fine l’orizzonte s’illumina: una melodia accenna il canto di una madre, che asciuga il pianto del suo bambino.