Sembra un luogo uscito da un sogno, uno dei posti nascosti più incantevoli delle Marche, dove il tempo pare essersi fermato e tutto sembra cristallizzato. Ma la piccola frazione settempedana di Elcito, che sorge su uno sperone di roccia posto ad 820 metri sul livello del mare, alle pendici del monte San Vicino, definito da alcuni il Tibet delle Marche per la sua altitudine e gli strapiombi che la circondano, da qualche tempo vive le normali vicende dei centri abitati più grandi per le diatribe legate alla manutenzione degli spazi. Proprio uno di questi, alle porte del borgo, di recente ha iniziato a preoccupare la manciata di abitanti che continua a risiedervi, ma anche i folti gruppi di turisti che spesso vi fanno una capatina, per le condizioni di sicurezza che sembrano tutt’altro che rassicuranti a causa di un mucchio di macerie, testimonianza di un paio di piccole case crollate da oltre un decennio, che sono diventate un covo di vipere. «Se il muro della seconda casa sulla sinistra all’ingresso della località, rimasto senza rifinitura, può non essere accattivante a colpo d’occhio, poco importa – dice il manipolo di abitanti, alcuni dei quali trascorrono le notti, specie quelle invernali, nel centro settempedano, considerato che in frazione da tempo non ci sono più punti vendita di prodotti di ogni genere – ma per quanto concerne le macerie di quelle che un tempo erano due abitazioni la questione è diversa. Negli anni scorsi abbiamo visto in più di un’occasione strisciare delle vipere proprio in corrispondenza dei mattoni diroccati, ma i numerosi gatti in zona le hanno mese in fuga. Ora che sulla sommità delle rovine sono spuntati i cespugli, i felini hanno lasciato il campo ai rettili. Pur essendo specie protette, non è piacevole, soprattutto per i turisti che vengono a visitare i resti dell’antico castello medievale un tempo eretto a difesa della vicina Abbazia di Santa Maria in Valfucina, imbattersi nei rettili. Chiediamo quindi al sindaco Piermattei, che ha appena emesso un’ordinanza per mantenere il decoro degli spazi pubblici, anche quelli occupati da ruderi o case da abbattere a causa del sisma, che intervenga quanto prima per permettere a quella piccola porzione del pittoresco borgo di non perdere l’aria magica del luogo. Ora i resti di quelle case sono il classico pugno nell’occhio».
Luca Muscolini