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Simone Panichelli e un velivolo del 4° Stormo di Grosseto
Simone Panichelli e un velivolo del 4° Stormo di Grosseto

San Severino ha il suo “top gun”: è Simone Panichelli

Simone Panichelli, settempedano Doc, ha 27 anni, è Tenente dell’Aeronautica italiana e già pilota militare, avendo completato la fase di addestramento nella base di Galatina, in Puglia, sul velivolo MB339CD. E’ stato assegnato alla linea Eurofighter presso il 4° Stormo di Grosseto e raggiungerà la sua nuova destinazione dopo aver terminato la fase pre-operativa sul velivolo 346, che inizierà in questo mese.

Simone, qual è stata la sua formazione per diventare un pilota di caccia militari?

“Mi sono diplomato al Liceo scientifico di Tolentino nel 2010 e nel 2011, una volta entrato in Accademia, ho iniziato gli studi all’università Federico II di Napoli, laureandomi nel 2014 in Scienze Aeronautiche”.

Com’è nata la sua passione?

“Durante l’ultimo anno di liceo, quando ho cominciato a informarmi sul mondo militare. All’inizio la passione non era tanto per il volo, quanto piuttosto per l’idea di poter far parte delle Forze armate, anche perché fino a quel momento non avevo mai visto né toccato un aereo di persona. Successivamente, con i primi approcci al velivolo, è nato questo feeling che pian piano è andato sempre più crescendo”.

Una bella soddisfazione, ma crediamo che non sia stato facile…

“Per ottenere questi risultati servono molti sacrifici. In primis allontanarsi da casa di colpo, essere sradicato dal luogo in cui sei vissuto per tutto il tempo, lontano dalla famiglia, dagli amici, dalla routine giornaliera. Senza dubbio questo è il più grande sacrificio da affrontare. Poi ce ne sono altri comuni a tutti quei ragazzi che hanno voglia di fare e dimostrarsi all’altezza… Aspetti su cui non ci sono molte differenze”

Essere un pilota di caccia militari però è qualcosa di particolare, non crede?

“E’ un ‘mestiere’ particolare, molto diverso dagli altri. Non si sa a cosa si possa andare incontro, quali siano gli scenari in cui ci si potrebbe imbattere, ma, senza dubbio, senza coraggio, tenacia, abnegazione, testardaggine e speranza, un sognatore – qual ero io prima di entrare in Accademia – non avrebbe mai potuto affrontare questo viaggio”.

Lei, comunque, mantiene vive le sue radici settempedane?
“Casa è casa e rimarrà per sempre tale. Un luogo di affetti, ricordi, bei momenti passati con famiglia e amici. Ogni volta che ne ho l’occasione, non ci penso due volte e torno a San Severino, anche perché viaggiando molto (ormai mi definisco ‘cittadino del mondo’) ritornare a casa e ricordare da dove si viene è sempre bello”.

Ci racconta un aneddoto della sua esperienza?

“Uno mi rimarrà sempre in mente: quando provai il Concorso, per il mio anno c’erano 50 posti più 20 di riserva. Solo questi sarebbero andati ad affrontare l’unico test ‘pratico’ in aeroporto a Latina. Tale test permetteva di entrare in Accademia. Il giorno dei risultati scoprii di esser arrivato 74esimo. Naturalmente la delusione fu tanta! Non avercela fatta per soli 4 posti era davvero dura da digerire. Ma ancora ci speravo. E quando si dice che la speranza è l’ultima a morire è proprio vero. Qualche giorno dopo, infatti, ricevetti una chiamata con la quale venivo invitato a presentarmi in Accademia per poi partire per l’avventura Latinense poiché i 4 ragazzi che mi precedevano nella graduatoria avevano dato forfait. Tutto questo per dire che bisogna sempre impegnarsi, dare il massimo in qualsiasi cosa si faccia, non avere alcun rimorso e crederci fino alla fine. Prima o poi i risultati arriveranno e, se dovessero arrivare quando meno te lo aspetti, le sensazioni saranno magnifiche ed elevate all’ennesima potenza”.

m. g.

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