Vittorio Sgarbi lo si conosce: personaggio provocatorio, che ama punzecchiare – per usare un eufemismo – anche i Comuni che lo ospitano, come di recente è successo a Porto Sant’Elpidio. Con San Severino, però, la faccenda pare essere diversa. L’affetto con cui viene accolto dal paese che lo ha visto sindaco è sempre palpabile. E altrettanto palpabile è il suo, di affetto, verso San Severino. Proprio ieri ha attirato una numerosa folla al teatro Feronia per la presentazione del suo ultimo libro, “La Costituzione e la bellezza”, scritto a quattro mani con Michele Ainis: una lettura della Costituzione italiana con un commento del critico d’arte, ovviamente corredato da immagini. L’arte, si sa, è la ricchezza dell’Italia. Proprio questo ha voluto dirci Sgarbi nel suo lungo discorso. Come al solito è partito da lontano; ha ringraziato il sindaco Piermattei e, ovviamente, anche Gianluca Bonifazi per lo spirito con cui ha organizzato, con la supervisione di Walter Scotucci, la mostra “Severino ed altri eroi” («Non l’ho ancora vista, il risultato non lo conosco, ma l’entusiasmo del giovane Bonifazi e dei suoi amici va premiato. Negli ultimi mesi lo trovavo ovunque andassi. Appariva dappertutto, come uno spiritello, per ricordarmi che voleva fare questa cosa»).
Gli argomenti toccati sono stati innumerevoli: opere d’arte belle, opere d’arte “immonde”, politica italiana e Costituzione europea; persino la bretella San Severino – Tolentino («Io non capisco perché abbiate tutta questa fretta di correre da quegli […] di Tolentino», e giù risate). Ma, in primo luogo, si parlava di Costituzione e bellezza. Il professor Sgarbi ha invitato a prendere consapevolezza del fatto che il tesoro dell’Italia non è l’impresa, seppur importante, ma il nostro patrimonio culturale. «Questo ci dà la certezza oggettiva del valore del nostro Paese, basato su quella potenza che è la bellezza». Da qui il discorso sulla Costituzione, sulla proposta di integrare l’Articolo 1 con un preambolo, perché «l’identità dell’Italia è nella bellezza»: “La Repubblica Italiana riconosce la bellezza come elemento costitutivo dell’identità nazionale. La conserva, la tutela e la promuove tutte le sue forme materiali e immateriali, storiche, artistiche, culturali, paesaggistiche e naturali”. Ed è questo, ha aggiunto Sgarbi, il primo impegno di un sindaco: «Un sindaco non potrà dirsi tale se non avrà difeso l’artigianato, le tradizioni, i monumenti, le chiese. Questo preambolo è un richiamo al dovere dei Comuni italiani di badare a un patrimonio, un valore assoluto che garantisce benessere futuro al nostro popolo. E questo è il senso di questo libro, che nasce in un momento che è non voluto dagli autori, ma necessitato dai tempi ».
A proposito di tempi, un lungo excursus di Vittorio Sgarbi ha toccato argomenti attualissimi e delicati. Come terrorismo e immigrazione. A partire da una forte condanna alla violenza di matrice estremista: in una contrapposizione ad effetto ha mostrato prima “La scuola di Atene”, il dipinto di Raffaello in cui i filosofi dell’antichità si consultano sotto un arco di fattura classica, e poi una foto del teatro romano di Palmira, su cui campeggia la bandiera dell’Isis. «Un’immagine inquietante – ha descritto Sgarbi – una meravigliosa architettura romana, come quella che ispira “La scuola di Atene”. Lì davanti stazionano delle persone proprio come nel dipinto. Chi sono? Sono 25 ragazzi dell’Isis e 25 ragazzi dell’esercito ordinario della Siria. Hanno la stessa religione, gli stessi anni, la stessa posizione nel mondo, ma sono nemici. I ragazzi in piedi uccideranno quelli davanti, i loro compagni. Mancano quel dialogo e quella potenza che troviamo, 500 anni prima, nel dipinto di Raffaello. L’immagine è catastrofica perché alla visione sublime dell’architettura classica contrappone la violenza, la crudeltà, il male. Questo è il segnale dell’epoca in cui viviamo, in cui non c’è bellezza che conti. La bellezza non salverà il mondo. Qui la bellezza non salva niente». Per fortuna, a un esempio negativo fa seguito uno positivo. E questo esempio positivo è fornito proprio dalla nostra Costituzione, di cui Sgarbi torna puntualmente a parlare. In più occasioni, durante il suo discorso, il critico d’arte ha rimarcato la sua ammirazione verso i valori cristiani intesi come valori umani. Per concludere ha scelto di sottolineare la bellezza di una Costituzione che, come la nostra, impone di accogliere i rifugiati politici. «Continuiamo a distinguere erroneamente fra profugo e clandestino. Il primo è uno straniero “nobile”, fugge da un paese in guerra. L’altro è un delinquente, viene per rubare, arriva da paesi “comodi”. Comodi? Nessun paese da cui vengono i clandestini ha i diritti che abbiamo in Italia! Diritti che riguardano la donna, il lavoro, la libertà d’opinione… anche se non hanno la guerra, questi Paesi sono in guerra con i cittadini, perché impediscono loro di vivere come viviamo noi. L’Articolo 10 dice “Lo straniero al quale sia impedito nel suo Paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana ha diritto d’asilo nel territorio della Repubblica”. È una Costituzione così cristiana che dice “quella persona è più debole di noi, ha bisogno di qualcosa che non ha nel suo Paese”. Davanti a una Costituzione così illuminata, così aperta, occorre riflettere. I valori qui riconosciuti sono quelli di un paese democratico, dove le libertà sono garantite. La bellezza aumenta questa condizione – e la bellezza è patrimonio nostro e dell’umanità. Tutto questo impone rispetto per l’Italia, consapevolezza della sua forza e della bellezza che la sostiene. Rispetto per noi e per chiunque venga da noi. E quindi San Severino, uno dei luoghi del mondo e dell’Italia dove tutto questo si consacra, è un luogo sacro alla bellezza. E io sono orgoglioso di esserne cittadino onorario». L’applauso, neanche a dirlo, è stato fragoroso.
Alessandra Rossi