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Una scena de "Il mattino ha l'oro in bocca"
Una scena de "Il mattino ha l'oro in bocca"

Storia & teatro: quando “Il mattino ha l’oro in bocca”

Vorrei iniziare con una piccola provocazione. Poniamo il caso di doverci informare su una qualsiasi vicenda della Storia italiana contemporanea. Conflitti, dopoguerra, boom economico: non importa. Molti di noi avranno in casa un nonno, una zia, un parente che a questi fatti ha assistito in prima persona. Eppure, quanti di noi preferirebbero chiedere a loro, anziché aprire il libro di Storia o cercare su Wikipedia?
Non è cattiveria; forse non è neanche superficialità. Ma, vuoi per pigrizia, vuoi per mancanza di tempo, quasi nessuno sceglie mai di affrontare quella miniera di ricordi che sono i nostri anziani. Troppi aneddoti, forse, e poi se iniziano a parlare chi li ferma più? Di tempo ce n’è poco. Andiamo sempre di corsa.
C’è tutta una generazione che ha assistito al farsi – e poi al disfarsi, diranno in molti – della Storia italiana. E questa generazione è in larga parte inascoltata. Sono testimoni diretti, ma non sono mai interpellati.

Il testo “Romanzo di formazione Europa” ha un sottotitolo: “La politica raccontata a mio nipote”. A dargli vita è il progetto W.I.S.E., acronimo di “Workshop Identity: a Story about Europe” (“Laboratorio identità: una storia sull’Europa”). È un’iniziativa imponente che raccoglie le memorie di oltre sessanta testimoni italiani, polacchi, tedeschi e britannici. Proprio quei testimoni che nessuno mai interpella. Queste storie sono raccontate in “Romanzo di formazione Europa”, un’opera teatrale così corposa che è stata suddivisa in dodici capitoli. E ieri, al teatro Feronia, abbiamo assistito al primo di questi capitoli, scritto e diretto da Sonia Antinori: “Il mattino ha l’oro in bocca”. È dedicato alla Storia italiana, dalla seconda Guerra mondiale agli anni Settanta: quella ritratta è una generazione nata all’ombra della paura, in un’epoca in cui la politica aveva un significato certamente molto diverso rispetto ad oggi. Una narrazione a capitoli, quasi da varietà, con costumi e scenografia ridotti all’osso: solo l’essenziale. E la cosa interessante è che a raccontare e raccontarsi la Storia non è chi l’ha vissuta in prima persona: i protagonisti della scena sono ragazzi molto giovani, nati e cresciuti in un sistema di valori diametralmente opposto. Questa Storia, più che raccontarla, la “balbettano”, la scimmiottano, fino ad arrivare all’imitazione vera e propria dei personaggi politici che hanno cambiato il volto dell’Italia. Sullo sfondo, seduti in un salottino e sempre – emblematicamente – in silenzio, ci sono due anziani. Forse sono loro che dovrebbero parlare: e invece tacciono. A raccontare la loro storia, in modo maldestro e spesso comico, sono proprio i ragazzi.

Non è una sentenza, né – ovviamente – una critica ai giovani: come hanno detto gli attori stessi, nel forum che è seguito allo spettacolo, questo è un testo che non dà risposte, ma che pone nuove domande. E, nel farlo, mette sotto gli occhi di tutti la percezione della politica che abbiamo oggi e la sua lontananza abissale da quella che avevano i nostri nonni. (Una precisazione che è stata fatta più volte nel corso della serata: non parliamo di “partitismo”, ma di politica intesa come democrazia e partecipazione). Se lo spettacolo ci ha lasciato con tante domande, questo forum ha amplificato e approfondito la discussione: un’abitudine che bisognerebbe prendere sempre, per non perdere le occasioni di riflessione che il teatro ci dà. E allora brava Sonia Antinori e bravi gli attori Desirée Domenici, Giacomo Lilliù, Giulia Salvarani, Mauro Maggini e Loredana Barbanera, che sono stati così abili nel porci nuove domande sia sul palco che, poi, nella platea assieme a noi spettatori.

Alessandra Rossi

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