di Alberto Pellegrino
Recentemente sono stati ultimati la lavori di ristrutturazione del Palazzo Comunale ed è stato riaperto al pubblico il Piano Nobile con la Sala Consiliare, la Sala degli Stemmi e la Galleria d’Arte Moderna che ospita opere del pittore Filippo Bigioli, dello scultore Ercole Rosa e di altri artisti locali. A seguito dei danni causati dal sisma del 2016, sono stati eseguiti lavori di natura strutturale per ripristinare le condizioni di sicurezza finalizzate al raggiungimento del miglioramento sismico; inoltre si è proceduto al restauro degli affreschi che decorano le sale di Piano Nobile.
Uno sguardo al passato
L’antico insediamento di San Severino al Monte (denominato comunemente “il Castello”), sorto tra l’anno Mille e il Quattrocento, si trovava ormai in uno stato di decadenza, perché tra il 1630 e la fine secolo gran parte della popolazione si era spostata a valle (come dimostra la carta del Cipriani del 1640) con una serie d’insediamenti sorti intorno alla Piazza del Mercato che esisteva già nel 1300, come dimostrano alcune delibere del Consiglio di Credenza che fissava le regole per l’acquisto di aree fabbricabili e la costruzione intorno alla piazza stessa di edifici dotati di portici per avere degli spazi coperti funzionali alle attività commerciali che si svolgevano in quel luogo.
Nel Castello rimanevano tre Monasteri di ordini religiosi e tre monasteri di suore, alcune abitazioni civili e, sulla Platea Communis, sorgeva ancora il Duomo dedicato al Santo Patrono, il Palazzo dei Canonici diventano Palazzo vescovile nel 1586, la Torre civica e, accanto ad essa, il Palazzo dei Priori sede del Magistrato e del Consiglio di Credenza ormai ridotto in uno stato di notevole degrado, tanto che nel 1690 il Consiglio aveva scartato la possibilità di restaurare questo antico edificio e aveva deliberato la realizzazione di un nuovo Palazzo Pubblico da costruire nella Piazza del Borgo sottostante, dove erano già stati costruiti importanti edifici come il Palazzo dei Governatori, il Palazzo dei Gentili di Rovellone, la Chiesa di San Giuseppe.
Nel 1692 era stata predisposta una perizia per la costruzione della “Fabbrica del nuovo Palazzo della Città” e nel 1718 si era deliberato l’acquisto di un edificio per una nuova sede del Municipio. Nel 1722 le autorità comunali avevano proceduto all’acquisto del Palazzo Margarucci e di alcune abitazioni a schiera adiacenti a questa costruzione. Molto probabilmente in breve tempo si erano stati sistemati in questo palazzo gli uffici comunali come si può desumere da una delibera comunale del 1739 per l’acquisto dei mobilio per arredare i vari ambienti.
La costruzione del nuovo Palazzo del Municipio
Viene comunemente indicato il 1784 come data d’inizio dei lavori, ma in realtà è nel 1766 che il Consiglio di credenza inizia a discutere sulla decisione da prendere: se procedere al restauro del vecchio Palazzo Margarucci, oppure provvedere a una radicale ristrutturazione dell’edificio e quindi praticamente costruire una nuova sede comunale. Considerate le precarie condizioni dell’edificio e la situazione critica del loggiato che era stato puntellato, il Consiglio delibera il finanziamento di una nuova struttura e autorizza l’inizio dei lavori per un totale rinnovamento sia della facciata, sia degli ambienti interni che avrebbero dovuto contenere una decorosa sede di rappresentanza, l’alloggio del Magistrato, la Segreteria pubblica e segreta, la Computisteria, l’Ufficio Civile e l’Ufficio Postale. L’incarico di redigere il progetto è affidato sempre nel 1766 all’architetto Clemente Orlandi, il quale presenta in un tempo relativamente breve il suo progetto, per cui i lavori possono iniziare nello stesso anno e saranno ultimati nel 1775. Nel 1768 il Consiglio del Buon Governo autorizza la sospensione per sei anni dei festeggiamenti per il Santo Patrono al fine di raccogliere i fondi da destinare all’arredo del nuovo palazzo comunale.
Chi è il progettista del Palazzo
Clemente Orlandi (1704/1715–1775) si è formato a Roma e nel 1732 viene ammesso nella Congregazione dei Virtuosi al Pantheon; nel 1754, grazie all’appoggio della Congregazione del Buon Governo, entra a far parte dell’Accademia di San Luca, nella quale ricoprirà la carica di Principe dal 1757 al 1769. Ha avuto dallo Stato pontificio anche la nomina di architetto pubblico del Tribunale delle Strade e del Buon Governo. Tra i suoi lavori di progettazione più importanti vanno ricordati la realizzazione del nuovo portico della cattedrale di Sutri (1757-1768), mentre a Roma assume tra il 1751 e il 1767 la direzione dei lavori di ristrutturazione e ampliamento del Palazzo Bonaccorsi al Corso (oggi scomparso) e la progettazione della Chiesa di San Paolo Eremita (1767-1775), che rappresenta il suo stile caratterizzato da una tendenza alla innovazione del Barocco attraverso un processo di semplificazione e razionalizzazione. Orlandi svolge una notevole attività pure nel Lazio, soprattutto nel feudo di Nicolò Maria Pallavicini, per il quale realizza le chiese parrocchiali di San Leonardo a Civitella Cesi (1747-1756) e San Nicola di Bari a Colonna (1755-1759). Nel Duomo di Rieti, fa nel 1758 i disegni del ciborio della Cappella del Sacramento e, tra il 1763 e il 1771, partecipa alla realizzazione della Cappella di Santa Barbara.
La relazione dell’architetto allegata al progetto
Orlandi, nel momento di assumere l’incarico, prende in esame le condizione dell’edificio esistente e presenta alla Sacra Congregazione una relazione tecnica che inizia con il sottolineare lo stato fatiscente dell’edificio in questione: “Quel Palazzo è un’antichissima fabbrica di cattiva struttura. L’irregolarità delle altezze, nelle quali comparisce il di lui prospetto è un chiaro segno d’essersi composto dall’unione di più casette. L’ingresso di questo Palazzo è in una parte la più infelice che possa immaginarsi…Al pari di questo si trova l’ingresso del salone per i Consigli, da cui si passa nell’appartamento del Magistrato…”. Inoltre il progettista rileva che l’edificio nella parte principale presenta “poca stabilità” e che esistono delle “crepature” in tutta la sua estensione e soprattutto nel “salone destinato ai pubblici consigli” con una particolare gravità “in tutta quella parte che riguarda il prospetto del Palazzo verso la Piazza”, a cui si aggiungono i danni provocati dalle acque piovane. Secondo l’architetto bisogna procedere a una radicale ristrutturazione e razionalizzazione degli spasi interni con particolare cura per le sale di rappresentanza, preveder il rifacimento dell’intera facciata sia per ragioni di staticità, sia per ragioni estetiche in modo di rendere il prospetto che si affaccia sulla Piazza più elegante e decoroso, ipotizzando anche la creazione di un accesso che immetta direttamente sulla piazza con uno spazioso androne d’ingresso chiuso da un portone dalle linee solenni. “Colla totale variazione si toglierebbero al Palazzo i pregiudizi dell’acque che lo conducono alla ruina, si migliorerebbe la condizione di tutto l’intero piano terreno, si accrescerebbe ‘a quella fabbrica quel decoro che gli manca e che gli conviene, si acquisterebbe ancora qualche maggior comodo vantaggioso e utile senza alterare la spesa che darebbe necessari per risarcirlo e mantenerlo nel sistema in cui si trova e che già erasi scandagliata e stabilita”.
Le caratteristiche del nuovo Palazzo Comunale
L’architetto Orlandi prevede di realizzare un intervento alla “maniera del tempo”, partendo cioè da alcune strutture del fabbricato originario per conferire al nuovo edificio un linguaggio unitario e in sintonia con i canoni estetici dell’architettura del tempo. Non propone pertanto un semplice restauro, ma la costruzione di un nuovo edificio che sia il risultato di una architettura creativa e adeguata alle moderne funzioni pubbliche con la progettazione di una nuova facciata appoggiata sopra un loggiato diverso dal preesistente, un monumentale scalone quadrato a quattro rampe, dalle linee eleganti e impreziosito da balaustre in pietra di gesso locale, seguendo in questo modo una tendenza tipica del Settecento, secondo la quale si vogliono arricchire i palazzi nobiliari o pubblici con splendidi e maestosi elementi architettonici dal forte impatto scenografico e quindi capaci di esaltare l’importanza dell’intero edificio.
L’elemento architettonico più innovativo è costituito dalla facciata concepita da un insieme decoroso ma non eccessivo di elementi ornamentali: l’intera superfice presenta un motivo a specchiature incorniciate alternate a lesene; al primo piano vengono aperte nove finestre con un timpano curvo che racchiude un festone e una conchiglia all’interno della lunetta, elementi che rappresentano un delicato richiamo al rococò; al secondo piano le finestre hanno una semplice cornice lineare e sono decorate da un più semplice motivo a festoni. La facciata presenta inoltre due ali lievemente sporgenti alle estremità, corrispondenti ciascuna a due arcate e con due finestre; tutta la superfice è delimitata nella sua sommità da un cornicione aggettante, mentre ai lati vi sono due paraste d’ispirazione borrominiana che contengono gli spigoli convessi dell’edificio.
Orlandi ha ideato una facciata caratterizzata una sobria eleganza, sottolineata dalla decorazione delle finestre, dalle soluzioni d’angolo e dagli elementi architettonici che presentano una linearità e un rigore tipici dell’architettura settecentesca di Scuola romana. L’architetto modifica anche l’ampiezza dell’apertura dei portici (ridotti da dieci a nove rispetto alla facciata precedente) e nel complesso introduce un nuovo modo di concepire lo spazio in rapporto alla grande piazza, capace di trasmettere un’idea di maestosità e di ariosità secondo lo stile proprio del Settecento, che sarà ripreso dagli edifici costruiti successivamente nella piazza stessa. Con il suo progetto Orlandi cerca, da un lato, un inserimento entro il precedente tessuto urbanistico attraverso un linguaggio che tiene conto della tradizione classica; dall’altro, introduce degli elementi nuovi ed essenziali, che tengono conto dell’esperienza maturata durante il Barocco, ma che sono evidenziati in modo razionale e innovativo.
Gli ambienti interni del Palazzo
La struttura più importante dell’edificio è la Sala d’Accoglienza (ora Sala consiliare), decorata con affreschi realizzati tra il 1882 e il 1885 dal pittore Mariano Piervittori (Tolentino 1818-Orvieto 1888), un artista che ha operato soprattutto in Umbria (Perugia, Spoleto, Foligno, Bevagna, Orvieto) e che, nel soffitto di questo salone ha raffigurato il Ratto di Europa; il Carro di Nettuno, Galatea e Anfitrite, mentre al centro ha collocato il Trionfo di Nettuno; tuti questi dipinti sono contornati da raffinate decorazioni. Sulle pareti sono state collocate due grandi tele sempre dal Piervittori: il primo mostra Bartolomeo Eustachio intento a illustrare le sue Tavole anatomiche agli studenti dell’Università La Sapienza di Rona; in secondo rappresenta l’astronomo e ottico Eustachio Divini che illustra il suo telescopio al granduca di Toscana Ferdinando II dei Medici. Al centro del soffitto si trova un pregevole lampadario dei primi anni dell’Ottocento realizzato dalla locale fabbrica di vetri e cristalli che produceva veri e propri capolavori. Sempre nel secondo Ottocento nella sala veniva collocato il busto marmoreo di Bartolomeo Eustachio, opera dello scultore settempedano Ercole Rosa.
La Sala degli Stemmi è decorata nel soffitto con un affresco a soggetto mitologico, mentre lungo le pareti corre un fregio con gli scudi gentilizi delle famiglie appartenenti alla nobiltà sanseverinate che sono opera di Raffaele Fogliardi, un artista di Ascoli Piceno attivo nella prima metà dell’Ottocento, uno specialista nella decorazione a fresco, con un repertorio di soggetti mitologici e allegorici, autore anche degli affreschi che ornano il Teatro Feronia e dello splendido sipario storico, tutti lavori eseguiti su bozzetti realizzati dal pittore Filippo Bigioli. Sulle pareti di questa Sala sono state collocate alcune lapidi che ricordano alcuni uomini illustri settempedani” e diversi deputati del Collegio di San Severino eletti tra gli inizi del Regno italico e il primo decennio del nostro secolo.
Nella redazione dell’articolo diverse notizie sono state desunte dall’importante saggio di Daniela Esposito, Il palazzo comunale di San Severino Marche (Macerata). Note sulle preesistenze e sull’intervento di Clemente Orlandi (1766-1768), Quaderni dell’istituto di Storia dell’architettura, 2007, pp. 399-410.