La perdurante emergenza Covid-19 non ferma il Festival d’Estate a Palazzo Claudi di Serrapetrona. Giunto all’ottava edizione, il Festival presenta un programma di tre serate speciali dedicate alla celebrazione del 250° anno della nascita di Ludwig van Beethoven. Il filo conduttore delle tre serate, in programma il 26 e il 30 luglio e il 2 agosto (ore 21.15, ingresso gratuito, nel cortile esterno di Palazzo Claudi), sarà proprio la musica del grande maestro tedesco.
“Si tratta di un’importante occasione – sottolinea il direttore artistico Michele Torresetti – per approfondire alcune delle caratteristiche del compositore sia dal punto di vista creativo che umano. Da una conversazione con Haydn avvenuta circa nel 1793 leggiamo: «Avete molto talento e ne acquisirete ancora di più, enormemente di più. Avete un’abbondanza inesauribile d’ispirazione, avete pensieri che nessuno ha ancora avuto, non sacrificherete mai il vostro pensiero a una norma tirannica, ma sacrificherete le norme alle vostre immaginazioni: voi mi avete dato l’impressione di essere un uomo con molte teste, molti cuori, molte anime». Ecco credo che in questa edizione del Festival d’Estate si avrà modo di scoprire in ogni serata come questa abbondanza prende forma”.
Il primo appuntamento (domenica 26 luglio) vede la partecipazione del trio d’archi: al violino lo stesso maestro Michele Torresetti, alla viola Matteo Torresetti e al violoncello Chiara Burattini, i quali eseguiranno la serenata op. 8 dove Beethoven sembra proporsi come compositore alla moda e non lesina concessioni a quello stile più brillante e leggero così in voga nella Vienna del tempo.
Come spesso è capitato con altri compositori, lo stesso Beethoven fece scrivere una riduzione per viola e pianoforte, poi da lui personalmente riveduta e corretta, che fu pubblicata col titolo di Notturno op. 42 nel 1804. Lo stile fresco della Marcia, lo scherzoso della Polacca, i cambi repentini d’umore che vengono fuori tra l’Adagio e lo Scherzo fanno di questa Serenata uno dei più interessanti lavori cameristici. L’opera è doverosamente abbinata alla Serenata op. 10 del compositore ungherese Dohnányi, che come pianista fu uno specialista di Ludwig Van Beethoven (di cui suonò l’intera opera pianistica), oltre che di Wolfgang Amadeus Mozart (di cui suonò tutti i 27 concerti per pianoforte e orchestra). Dohnányi, profondamente influenzato da Brahms e dalla cultura popolare del suo Paese, compose musica di ogni genere: concerti per pianoforte e orchestra e per violino, sinfonie, opere, ma trovò la sua dimensione più ispirata nella musica strumentale da camera.
Giovedì 30 luglio sarà la volta del quintetto d’archi: Michele Torresetti e Leonardo Cella al violino, Francesca Piccioni ed Emiliano Travasino alla viola, Giacomo Grava al violoncello, che eseguiranno l’op. 104 di Beethoven. A differenza delle sue prime opere, influenzate da Haydn o Mozart, le opere mature – come questa – sono ricche di innovazioni e hanno aperto la strada nella storia musicale alla transizione verso i musicisti del secondo Romanticismo, quali Brahms, Wagner e Brucckner, ma anche Mahler e Janacek.
“Uno degli aspetti caratteriali del compositore tedesco che mi affascina – dice Michele Torresetti – è l’abilità con cui riesce a cambiare repentinamente di umore e di come riesce a metterlo in musica. Per il quintetto di archi la scelta della tonalità di do minore e il carattere intenso e drammatico che pervade quasi l’intera composizione, così come i vigorosi impulsi dinamici che innervano i fraseggi e l’arditezza di alcuni passaggi armonici, sono alcuni dei principali elementi che creano una netta distinzione tra il primo Beethoven (influenzato da Haydn e Mozart) e il successivo. A tal proposito, tra i numerosi aneddoti veri o presunti sul rapporto tra Haydn e Beethoven riportati dalle biografie, vi è quello relativo alla prima esecuzione dei tre Trii op. 1 presso la casa del conte Carl von Lichnowsky. Si racconta che tra gli uditori vi fosse Haydn stesso, il quale al termine ebbe parole di elogio per i primi due trii, non a caso quelli più affini al suo modo di scrivere, mentre nei confronti del Trio n. 3 in do minore, ovvero il più intenso e il più geniale – in poche parole, il più bethoveniano dei tre -, espresse parecchie riserve, tanto da sconsigliare lo stesso Beethoven dall’intraprenderne la pubblicazione. E invece non solo lui decise di pubblicarlo ma di farne anche una trascrizione per quintetto d’archi”.
L’abbinamento della seconda serata sarà con il quintetto per archi di Brahms, assolutamente da non perdere. Brahms affronta la formazione del quintetto solo in due occasioni e nel pieno della sua maturità. Di questa opera Max Kalbeck scrisse: «Tedesco senso dell’umorismo e melanconia slava, temperamento italiano e orgoglio magiaro».
Infine, il terzo appuntamento – domenica 2 agosto – prevede l’esecuzione di un duo e un quartetto d’archi: Leonardo Cella e Michele Torresetti al violino, Matteo Torresetti alla viola e Chiara Burattini al violoncello, che eseguiranno tre opere di Beethoven.
La prima ci ricorda che in gioventù il grande compositore, come tutti i pianisti tedeschi, era stato influenzato da Carl Philipp Emanuel Bach, da cui è iniziata la moda dei Rondò, motivo per cui ne compose alcuni (come quello proposto). Come spesso capitava, altri compositori riprendevano opere per poterle arrangiare ad altre formazioni. Così fece A. Uber violoncellista contemporaneo di Ludwig. L’umorismo di Beethoven, un aspetto per lo più sottovalutato della sua personalità, a volte portava strani frutti musicali. Uno di questi è il secondo brano della serata, il “duetto con due occhiali obbligatori”, che è stato trovato sotto questo titolo solo in un quaderno di schizzi del maestro alla fine del XIX secolo. Chi fosse il portatore di occhiali viennese per il quale Beethoven ha disegnato questo duo è rimasto sconosciuto. L’ultima opera della terza serata è un quartetto d’archi (op. 18 n. 2) e non è un caso che quello del quartetto fosse l’ultimo grande genere strumentale affrontato dal compositore che si era affermato nella Vienna di fine secolo come il più autentico erede di Mozart e Haydn. La tonalità di sol maggiore, propria del Secondo Quartetto della raccolta, è spesso impiegata da Beethoven per situazioni scherzose e di capriccioso umorismo.
“Con questo ultimo appuntamento – conclude il direttore artistico Torresetti – c’è il desiderio di mostrare la tenerezza, l’umorismo e l’amorevolezza che lui aveva e che dalle sue note traspare”.
Nelle tre serate il Palazzo Claudi sarà aperto al pubblico e si avrà quindi modo di vedere alcune opere esposte di Anna Claudi e di visitare la mostra dedicata al fondatore Vittorio Claudi.
Si evidenzia che i concerti saranno tenuti nel pieno rispetto dei protocolli di sicurezza Covid-19, con il necessario distanziamento delle sedute e l’obbligo per il pubblico di dotarsi di mascherine. In caso di maltempo, i concerti si terranno nella Chiesa di San Francesco, a Serrapetrona, purtroppo con una riduzione dei posti solitamente a disposizione per un pubblico che comunque si spera numeroso e qualificato, come negli ultimi anni.