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Mafalda gira per le vie di New York con la mascherina e i guanti
Mafalda per le vie di New York con mascherina e guanti

Covid-19 senza frontiere: Mafalda fra New York e Brasile col cuore a S. Severino

Sono tanti i settempedani che vivono lontano da San Severino per lavoro, studio o scelte di vita. Molti di loro seguono costantemente ciò che accade nella loro “terra natia” anche grazie al Settempedano. Siamo così una piccola finestra aperta sui loro ricordi, i loro affetti, i luoghi a loro più familiari. Da sempre legata a San Severino è la cantante Mafalda Minnozzi che ha scritto un bellissimo post sulla propria pagina Facebook.

Le abbiamo chiesto di poterlo condividere anche sul nostro sito e lei, molto gentilmente, seppur con le valigie in mano, ci ha inviato questo messaggio: “Ho un amore profondo per la mia terra e provo uno strazio incessante per dover rimanere lontano dalla mia vera casa, dalla mia famiglia, dai miei amici in questo momento così difficile. Ho un immenso rispetto per tutto quello che state facendo perché le persone si possano sentire confortate e unite. Grazie a tutti gli operatori sanitari, ai medici di famiglia, a chi ha la forza e il coraggio di lavorare dietro un bancone, dalle farmacie ai supermercati, e grazie al nostro sindaco Rosa Piermattei che certamente, non da sola, riesce a sostenere il nostro spirito e a farci sentire parte di una comunità. Non ultimo ringrazio il direttore artistico Francesco Rapaccioni che con le sue iniziative ci ricorda che l’arte è la medicina dell’anima e, aggiungo io, anche della coscienza”.

Ecco il suo post su Facebook prima di lasciare una Manhattan desolante e surreale a causa del Coronavirus.

“Ciao New York ti lascio, vado via con il grande dolore di vederti così sola. Parto con un dolore immenso nel cuore che mi stringe alla gola. Vado finalmente da Marco a São Paulo, in Brasile, l’altra casa nostra da oltre vent’anni, per riunire la nostra piccola grande famiglia e Paul viene con me da noi. Caricando tante valigie e sogni e speranze e paure e preoccupazioni e pensieri pesanti e mascherine e guanti e disinfettante e fazzoletti. Sono ancora qui in città, a Manhattan, in un Paese che mi ha dato tanto, dove ho tante tante persone che mi vogliono bene e che mi sostengono, persone che stanno soffrendo profondamente perché in molti casi vorrebbero stare in Italia, come me, con le proprie famiglie, nelle proprie vere case, quelle dei loro genitori, dei loro nonni. Sono stravolta dal dolore e non dormo più da giorni cercando un filo di speranza in ogni parola che viene detta da giornalisti, medici, psicologi, politici, opinionisti che dall’Italia ci tengono informati su tutto quello avviene e non si riesce a trovare il bandolo né la ragione. Parlo ore con mamma, che è in Italia, le spiego e poi le dico cosa deve dire a Zia Amalia, che amo tanto, e poi come deve fare per telefonare alla Protezione civile di San Severino, le dico che il coronavirus è arrivato anche lì, proprio accanto alla sua porta e che il nostro cagnolino Luce può abbaiare dentro casa e di non andare a prendere la raccomandata che le è arrivata dall’Inps. Le dico di RIMANERE A CASA e curare le sue meravigliose piante e ringraziare l’aria, la luce, il sole, la vita perché ha un bel giardino e perché è viva. E di nuovo si parte così come parte un viandante, così come parte un vagabondo senza fissa dimora, così come parte un menestrello con la sua chitarra e la sua arte, così come parte l’artista sul carrozzone di un treno immaginario con la certezza di non morire per strada. “Un uomo può uccidere un fiore, due fiori, tre… Ma non può contenere la primavera”, by Mahatma Gandhi”.

 

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