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Raoul Paciaroni
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Il Coro ligneo dell’Indivini in un libro di Raoul Paciaroni

A cinque secoli esatti dall’ultimazione di quel capolavoro che è il coro ligneo di Domenico Indivini, custodito nel Duomo vecchio, San Severino rende omaggio a uno dei tesori più preziosi del patrimonio artistico settempedano e, insieme, a chi ne fu il suo autore. Lo fa con un nuovo volume curato da Raoul Paciaroni, il trentaduesimo per l’esattezza, pubblicato in una particolare collana, edita dal Comune a partire dal 1981, dedicata proprio all’arte, alla storia, alla cultura locale. “Nessuno ha mai pubblicato uno studio esauriente su questo bel lavoro di tarsia e di intaglio quasi che non dovesse meritarlo – scrive il sindaco Cesare Martini nella presentazione del volume – mentre per la bellezza dei pannelli il nostro coro può gareggiare con le opere più celebrate del mondo. Sono lieto quindi di presentare questo studio di Paciaroni, cui va tutta la nostra gratitudine”.

Il coro sanseverinate è considerato dagli esperti un manufatto di riferimento per la comprensione dell’evolversi dell’arte dell’intarsio in area umbro marchigiana al passaggio fra Quattrocento e Cinquecento. Il primo documento d’archivio in cui compare il nome di Domenico Indivini quale artefice del coro della chiesa di San Severino risale 1483. Il maestro a quella data aveva alle spalle un’affermata attività di intagliatore e gestiva un’avviata bottega. Il lavoro incominciò subito ed andò avanti per anni. Nel 1502, tuttavia, Indivini morì lasciando così interrotta l’opera che venne completata solo nel 1513, ben undici anni dopo la sua morte, da Pierantonio Acciaccaferri e da suo figlio Francesco. Tutto comunque fa pensare, anche grazie alla ricostruzione di Raoul Paciaroni, che la parte principale del coro fosse stata quasi terminata dall’Indivini.

“Benché tutti coloro che hanno trattato del coro abbiano affermato che l’attuale sia anche la sua ubicazione originaria – scrive però Paciaroni nel suo libro – in verità al principio essa era assai diversa dalla collocazione odierna. Il manufatto ligneo era composto inizialmente nel lato sinistro della chiesa, anticamente denominato cornu Evangelii, approssimativamente dov’è ora collocata la porta laterale che dà accesso al chiostro”.

Il coro dell’Indivini ha subito, attraverso i secoli, trasferimenti, mutilazioni e restauri: “I diversi interventi del passato hanno contribuito a rendere estremamente difficoltosa la lettura del manufatto che nella storia critica è sempre stato considerato come organismo ligneo unitario. Quantunque non possa gareggiare con quello della chiesa superiore di San Francesco in Assisi – conclude comunque Paciaroni il suo studio – il coro sanseverinate rivela tuttavia il progresso e la maturità spirituale dell’artista e rappresenta uno dei momenti più felici della sua arte, improntata al nuovo spirito del classicismo, ma attaccata ancora per alcuni aspetti all’arte gotica”.

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