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Verso un nuovo umanesimo
Verso un nuovo umanesimo

Lettere & opinioni in redazione: “Il nuovo Umanesimo”

Ospitiamo un intervento di Massimo Altobelli, già insegnante e tuttora presidente regionale dell’Associazione italiana maestri cattolici.

Nuovo umanesimo è un’espressione che ricorre da tempo in ambito culturale, ma recentemente ha iniziato ad affacciarsi anche nel campo religioso, fino ad emergere in primo piano in Italia in occasione del V° Convegno della Chiesa italiana, tenutosi a Firenze nel novembre 2015, intitolato “In Gesù Cristo il nuovo umanesimo”. I cambiamenti in atto nel mondo, sempre più profondi e convulsi, hanno fatto dire a Papa Francesco che ci troviamo di fronte non tanto “a un’epoca di cambiamenti, ma ad un cambiamento d’epoca” quindi molto più radicale. Da qui nasce tutta la preoccupazione e perfino l’angoscia su quale debba essere il destino dell’uomo in un tempo come il nostro, denso di cambiamenti che mettono in discussione persino la sopravvivenza stessa della Terra.
In queste ultime settimane, in concomitanza con la crisi di governo, l’espressione “nuovo umanesimo” è balzata di nuovo all’onore delle cronache dal momento che è stata evocata proprio dal Presidente del Consiglio Giuseppe Conte, nel suo intervento al Quirinale, subito dopo il conferimento dell’incarico a formare il nuovo governo, precisando che “Non ho mai pensato che fosse lo slogan di un Governo. Ho sempre pensato che fosse l’orizzonte ideale per un intero Paese”. In quello stesso discorso ha parlato di “valori” comuni, definendoli “non negoziabili”, tra cui «il primato della Persona», «il lavoro come supremo valore sociale», «l’uguaglianza nelle sue varie declinazioni, formale e sostanziale», «il rispetto delle Istituzioni», «il principio di laicità», e così via. Ma questi “valori” comuni e “non negoziabili” da chi o cosa traggono il loro fondamento se li stacchiamo da Cristo?
Questo passaggio in realtà è già avvenuto da tempo; a partire dall’Illuminismo, col trionfo della dea Ragione, – Si è affermata sempre di più una “prospettiva antropocentrica e anticristiana che considera l’uomo come misura di tutte le cose. Secondo questi “nuovi umanisti”, la ragione, invece di essere considerata come lo strumento con cui l’uomo si apre alla realtà fino al suo ultimo orizzonte di mistero, viene concepita come misura, come garanzia ultima dell’esistenza stessa del reale, come gabbia entro cui ridurre la inesauribile natura della realtà.
Ma l’esito di questa prospettiva è disastroso: l’uomo che si erige a misura di tutte le cose pretende, in ultima analisi, di ridurre tutte le cose alla misura delle sue capacità e del suo potere su di esse. Per i “nuovi umanisti”, infatti, lo Stato moderno è l’incarnazione del potere autoreferenziale: una realtà che si presenta come assoluta e che conferisce, essa, dignità all’uomo. Per questo inquieta un personaggio come Conte, quando parla di “valori” e di nuovo umanesimo.(…) Se chiedessimo oggi a don Giussani di spiegarci quali sono i «valori comuni» invocati da Giuseppe Conte – in compagnia di qualche alto prelato –, e cosa sia questo nuovo umanesimo, il fondatore di C.L. ci risponderebbe con le stesse parole che si possono gustare a pagina 32 dell’ottimo volume intitolato L’io, il potere, le opere: Contributi da un’esperienza: «Io vorrei spiegare questo nuovo umanesimo, che è lo sforzo supremo operato dalla cultura dominante (atea nel senso pratico del termine) per eludere ed elidere il cristianesimo (con la collaborazione di tanti cattolici di ogni ordine e tipo), richiamando una parola importante: la parola valori.
Si dice, si può anche sentire qualche alta personalità ecclesiastica affermare che scopo della Chiesa è aiutare la società civile a individuare e sorreggere una piattaforma di “valori comuni”. Ma i valori comuni anche i pagani li possono sostenere. Non può essere specifico del cristianesimo. Cosa è un valore? È ciò per cui vale la pena, in fondo, vivere»-.(GianfrancoAmato).
Allora ciò per cui vale la pena vivere non può essere l’Uomo in quanto tale, essendo per natura imperfetto e destinato a perire. Viceversa la prospettiva che ci apre Gesù, l’Uomo-Dio, è infinitamente più grande, rendendo l’uomo collaboratore della creazione divina dell’universo e dell’uomo stesso e, una volta salvato dal male, partecipe della vita divina per sempre.
Sta dunque a ciascuno di noi non cadere nella tentazione laicista e massonica di escludere Dio dalla nostra vita. Gesù è stato chiaro una volta per tutte: “Chi rimane in me e io in lui, fa molto frutto, perché senza di me non potete far nulla. Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e si secca, e poi lo raccolgono e lo gettano nel fuoco e lo bruciano”. (Giovanni 15,1-8).

Massimo Altobelli

Il Settempedano, nell’ospitare questa riflessione, coglie l’occasione per ribadire che le proprie “colonne” sono aperte alla pubblicazione di lettere, interventi, opinioni sui vari temi della vita politico-sociale ed economica, anche nazionale, purché siano espressione di settempedani.

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