Nel 1561, Mary Stuart (italianizzata Maria Stuarda, 1542-1587) ritorna in Scozia dopo essere cresciuta e stata moglie in Francia del monarca Francesco II. La giovanissima regina, tornata nel suo paese natale per reclamare il proprio regno di diritto, deve scontrarsi con l’intera corte contraria a lei, in quanto donna e cattolica. Nella confinante Inghilterra, regna Elisabetta I (1533-1603), cugina ed eterna rivale della sovrana scozzese. Per Maria si susseguono matrimoni ingannevoli, congiure alimentate dalla corte e dalle forti prediche del calvinista John Knox: la regina deve continuamente combattere per via della sua fede e per il fatto di essere una donna al potere. Mary Stuart vuole regnare facendo dialogare femminilità e potere, a differenza della sua cugina inglese, la quale ammette di esser “diventata uomo” per poter mantenere il regno. Come sappiamo dalla storia, dopo la decapitazione di Maria (1587), e la morte di Elisabetta (1603), il trono va al figlio della Stuarda, Giacomo I (noto come Giacomo VI in Scozia), monarca di Inghilterra, Scozia ed Irlanda. Maria regina di Scozia è un dettagliato affresco della personalità della protagonista, della sua vicenda e del mondo intorno a lei. Una regina spesso poco approfondita, vista semplicemente come rivale di Elisabetta: la regista Josie Rourke la immagina, invece, come un’eroina, una martire della giustizia, una monarca potenzialmente lungimirante. Sia Maria che Elisabetta sono rappresentate come donne intelligenti e di cultura, ma la scozzese sembra una “femminista” ante litteram: vorrebbe che i due regni, Scozia e Inghilterra, governassero in armonia, per mostrare come le donne al potere possano essere capaci di governare tanto quanto (se non meglio) degli uomini. Invece Elisabetta è rigida, complessa, non può cedere alle mire della cugina cattolica: le separa la religione, la mentalità e l’invidia verso la bella e giovane Maria. Molta retorica in alcuni punti della narrazione, con anacronismi e forzature storiche. Il soggetto è preso dalla biografia redatta dallo storico inglese John Guy “My Heart Is My Own: The Life of Mary Queen of Scots”, ma la sceneggiatura è di Beau Willimon: il prodotto finale è una ricostruzione con delle inesattezze, con degli orpelli in più che rendono la visione più avvincente e romanzata, ma meno veritiera. Tecnicamente la fotografia è perfetta, le scenografie e gli ambienti sono accurati: l’intero film è ricco di dettagli (il dettaglio, negli oggetti, negli ambienti, e nei personaggi è padrone della pellicola). Ottima e matura l’interpretazione di Saoirse Ronan: la giovane “Lady Bird” si è trasformata in una tanto idealista quanto lungimirante regina Maria, tenace e sfortunata. Margot Robbie, dopo aver dimostrato le proprie capacità in Tonya, muta in una dubbiosa Elisabetta: il volto coperto dalla spessa tinta bianca nasconde una dolorosa complessità intima del personaggio. Maria regina di Scozia, pur con i suoi difetti, è un lavoro apprezzabile per l’impegno della regia e delle interpreti, e per aver riportato su pellicola la figura di una monarca vista e studiata, a volte, en passant.
Silvio Gobbi