E’ stato ucciso da chi gli contendeva il mercato della vendita porta a porta di pesce fresco, per ‘rubargli’ i clienti di alcuni paesini dell’entroterra di Macerata, gente che lo conosceva e apprezzava da tempo. E’ morto così Pietro Sarchiè, 62 anni, commerciante ambulante di prodotti ittici, che ogni mattina prima dell’alba partiva da San Benedetto del Tronto per il suo giro di consegne a Sefro, Castelraimondo, San Severino. Oggi, otto mesi dopo il ritrovamento del cadavere semi carbonizzato nella Valle dei Grilli di San Severino, i carabinieri di Macerata, Camerino e Catania hanno arrestato i due presunti esecutori materiali del delitto e due complici: un gruppo di catanesi che covava ”risentimenti” professionali – così ha detto il procuratore di Macerata Giovanni Giorgio – nei confronti di Sarchiè. In carcere sono finiti Giuseppe Farina, 41 anni, e il figlio ventenne Salvatore; agli arresti domiciliari Santo Seminara, 42 anni, e Domenico Torrisi, 61 anni. ”Mi impegnerò con tutte le mie forze, così come accaduto in questi otto mesi durissimi, affinché queste persone ora che sono entrate in carcere non ne escano più”, ha detto a caldo la figlia della vittima, Jennifer. La madre e il fratello sono corsi verso il carcere di Camerino sperando di veder arrivare da Catania due degli arrestati, ma poi sono tornati indietro. Pietro Sarchiè era scomparso nel nulla il 18 giugno 2014. In un primo momento si era pensato ad un allontanamento volontario, nonostante la famiglia avesse subito escluso questa ipotesi. Il 5 luglio successivo il corpo fu trovato in un campo, chiuso in un sacco nascosto sotto un materasso, fra detriti di lavori edili, mezzo bruciacchiato. Oggi il pm e i carabinieri di Macerata hanno ricostruito le fasi dell’agguato costato la vita al sessantaduenne. Alle 8 del 18 giugno la Y10 di Salvatore Farina ha bloccato il furgone del pescivendolo lungo la strada per Sefro, sbarrandogli la strada all’altezza della Chiesa dell’Arcangelo. Giuseppe Farina è sbucato fuori da un nascondiglio e con una pistola cal. 38 ha esploso due colpi contro lo sportello del furgone, ferendo Sarchiè in modo lieve. Poi ha fatto fuoco altre tre volte, finendo la vittima con un ultimo colpo alla testa. Quindi si è messo alla guida del furgone e ha scaricato il cadavere nella Valle dei Grilli. L’automezzo di Sarchiè è stato trasferito in un capannone industriale di proprietà di Santo Seminara, accusato con Domenico Torrisi di averne smontato i pezzi per far sparire ogni traccia. La Y10 di Salvatore Farina, ammaccata dopo l’urto con il furgone, è stata riverniciata e aggiustata. Un particolare fra tanti testimonia la freddezza degli assassini: il giorno stesso del delitto Giuseppe Farina ha regalato a Seminara un sacchetto di pesce prelevato dal furgone del commerciante ucciso e il resto lo ha messo in vendita. Da qualche tempo i due Farina sono rientrati a Catania: hanno tentato la fortuna aprendo una pizzeria, poi sono tornati al vecchio mestiere di pescivendoli. Alle 5 di oggi, 15 carabinieri di Catania e 20 arrivati da Macerata li hanno bloccati al mercato, in un blitz condotto anche con un elicottero e unità cinofile. Padre e figlio devono rispondere di omicidio premeditato, porto abusivo di armi, rapina, occultamento e vilipendio di cadavere. Seminara e Torrisi di favoreggiamento personale, ricettazione e riciclaggio.
Fonte: ANSA