Una commedia sapiente e di sorprendente maturità: “La scuola delle mogli”, per la regia di Arturo Cirillo, riporta al Feronia la grande stagione di prosa dei Teatri di Sanseverino. L’appuntamento è per martedì 3 dicembre, alle ore 20.45, in abbonamento. Sul palco, insieme a Cirillo, anche Valentina Picello, Rosario Giglio, Marta Pizzogallo e Giacomo Vigentini. Lo spettacolo, atto unico della durata di 90 minuti, viene presentato in esclusiva regionale con il teatro Alaleona di Montegiorgio.
“La scuola delle mogli” fa respirare un’amarezza e una modernità come solo negli ultimi testi Molière riusciva a trasmettere. In essa vi sono la gioia e, insieme, il dolore della vita, vi sono il teatro comico e quello tragico. Il tutto in un piccolo mondo con pochi personaggi.
“Mi immagino una scena che è una piazza, come in una città ideale, con la sua prospettiva, la sua geometria, ma dove dentro all’abitazione principale vi è una lunga scala di ferro che porta a una camera che è come una cella, una stanza delle torture, e un giardino che assomiglia anche a una gabbia – spiega il regista, Arturo Cirillo -. L’azione avviene nello spazio tra questa casa e un’altra, appartenenti entrambe al protagonista, il quale si fregia di un doppio nome e di una doppia identità, come doppia è la sua natura. Egli è uno spietato cinico ma anche un innamorato ossessivo, un indefesso fustigatore delle debolezze altrui come anche una fragilissima vittima del proprio gioco. Al centro delle vicende una giovane donna, cavia di un esperimento che solo una mente maschilista e misantropica poteva escogitare: è stata presa da bambina, orfana, e poi lasciata nell’ignoranza di tutto per poter essere la moglie ideale, vittima, per non dire schiava, del futuro marito che la dominerà su tutti i piani, economico, culturale, psicologico. Ma la natura, l’istinto, l’intelligenza del cuore renderanno però vano il piano penitenziale e aguzzino che si è tramato intorno a lei. Una commedia “alla Plauto” che nasconde uno dei testi più moderni, contraddittori e inquieti sul desiderio e sull’amore. Dove si dice che la natura dà maggiore felicità che non le regole sociali che gli uomini si sono dati. Dove il cuore, senza saperlo, insegna molto di più di qualsiasi scuola. Dove Molière riesce a guardarsi senza pietismo, senza assolversi, ma anzi rappresentandosi come il più colpevole di tutti (forse anche il più innamorato), riuscendo ancora una volta a farci ridere di noi stessi, delle nostre debolezze e incompiutezze, della miseria di essere uomini”.