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Da sinistra: Petracci, Insolvibile e Bellabarba
Da sinistra: Petracci, Insolvibile e Bellabarba

Resistenza plurale: gli storici Petracci e Insolvibile a confronto con gli studenti

Nella mattinata di mercoledì 5 ottobre, le classi quinte degli istituti superiori settempedani (Itts “Divini”, Ipsia “Ercole Rosa” e Istituto “Bambin Gesù”) hanno partecipato all’incontro Resistenza plurale e guerra partigiana: il Battaglione Mario e la lotta di Liberazione.

L’evento, organizzato dalla locale sezione Anpi “Cap. Salvatore Valerio”, dall’Anpi provinciale di Macerata e da “I Teatri di Sanseverino”, ha avuto come relatori gli storici Isabella Insolvibile e Matteo Petracci, entrambi specializzati in storia contemporanea, in particolar modo nelle tematiche riguardanti la Seconda guerra mondiale e la Resistenza. L’evento si inserisce nell’ambito delle celebrazioni per la consegna alla Città di San Severino Marche della Medaglia d’oro al valore civile per la Resistenza, riconoscimento ottenuto qualche mese fa. Un attestato di merito conseguito grazie anche al lavoro di più ricerche storiche locali, seguite poi dalla pubblicazione di Matteo Petracci, Partigiani d’Oltremare, e dal programma televisivo “Passato e Presente” (Rai Storia/Rai Tre) di Paolo Mieli (con la partecipazione della Insolvibile e di Petracci).

Al Cineteatro Italia, oltre ai due storici, sono intervenuti Donella Bellabarba, presidente della sezione locale dell’Anpi, Lorenzo Marconi, dell’Anpi provinciale di Macerata, e il vice sindaco e assessore alla cultura di San Severino, Vanna Bianconi.

Donella Bellabarba ha introdotto, e condotto, il dibattito, ricordando al pubblico che «la Resistenza è un atto fondativo della nostra Repubblica. La storiografia recente, grazie anche ai lavori di Isabella Insolvibile e Matteo Petracci, sottolinea come si debba parlare di “Resistenza plurale”, composta non solo dai partigiani di varia estrazione politica, ma anche dalla popolazione civile, da uomini, donne e famiglie che accolsero ed aiutarono, come poterono, i partigiani nella loro lotta».

Donella Bellabarba

Non soltanto i civili furono i protagonisti della “Resistenza plurale”, non bisogna dimenticare l’importanza dei soldati italiani che si rifiutarono di aderire alla Repubblica Sociale Italiana finendo, dopo l’armistizio dell’Otto settembre, nei campi di prigionia tedeschi. Sono definiti “IMI”, Internati Militari Italiani, e c’erano molti giovani tra questi soldati che preferirono la prigionia alla RSI. «Mio padre (Folco; ndr) fu un “IMI”» continua la Bellabarba «e venne imprigionato insieme a molti altri soldati italiani dai tedeschi, e costretto alla dura vita nel campo di internamento. Di recente, ho scoperto i suoi vecchi diari e le lettere dove ha trascritto la sua esperienza: colpisce il rifiuto di descrivere le sue condizioni di vita, la sua costante preoccupazione nei confronti della famiglia e la grande fame che attanagliava la sua quotidianità. Ma c’è anche la speranza, la richiesta di un’Europa di pace: è emozionante leggere questi pensieri di mio padre, all’epoca un ragazzo come quelli presenti oggi, e fa una certa impressione vedere che gente in quella condizione, così tremenda, era più fiduciosa nel futuro rispetto a noi, tendenzialmente meno portati a sperare».

Presente per l’Amministrazione comunale Vanna Bianconi, la quale ha dichiarato che «questa iniziativa è un’importante lezione di storia che va conosciuta, perché se oggi possiamo parlare e vivere liberamente è merito di ragazzi che, anni fa, sacrificarono la vita per la loro e la nostra libertà, come fecero le persone del battaglione Mario».

Studenti al cineteatro Italia

«La memoria è un elemento fondamentale delle proprie radici» ha ricordato Lorenzo Marconi, Anpi provincia Macerata, «ed è importante far conoscere ai ragazzi la loro storia, il legame tra la memoria ed il presente. La Medaglia al valore civile sottolinea l’importanza della partecipazione popolare alla Resistenza. L’Anpi è nata prima della Liberazione e ha continuato, dopo la guerra, a tutelare la memoria della Resistenza e della lotta di liberazione. Finito il conflitto, l’associazione ha dato il proprio apporto per una democrazia che rappresentasse in modo palese il contrario del fascismo, una democrazia fondata sull’antifascismo. Momenti come questi, come questa importante iniziativa di oggi, intenta a valorizzare il riconoscimento ottenuto dalla città di San Severino, sono necessari per ricordare i valori della democrazia, e sottolineano l’importanza della lotta di liberazione nelle sue molteplici azioni, non solo quelle militari, ma anche quelle civili, come il sostegno della popolazione nei confronti dei partigiani».

Dopo i saluti istituzionali, l’incontro è entrato nel vivo, con le esposizioni dei due storici presenti. Rendere la storia appassionante non è un compito semplice. Tradurre le lunghe ricerche d’archivio in un contenuto divulgativo, adatto al pubblico non specialistico, richiede un notevole sforzo. La lezione tenuta da Isabella Insolvibile e Matteo Petracci ha reso fruibile e vivo il racconto di una vicenda non molto lontana da noi, ma già pronta a cadere nel dimenticatoio in questo tempi dalla memoria corta.

Isabella Insolvibile

La “Resistenza plurale” è stata al centro del discorso di Isabella Insolvibile: «La Resistenza è stata una scelta meditata, fatta dalle persone per guadagnare a sé e agli altri la libertà, in un Paese dove la libertà non c’era più da tempo. Sotto il fascismo, gli uomini erano educati al militarismo e all’obbedienza, le donne dovevano essere buone mogli, madri e figlie. La Resistenza, come anticipato, fu “plurale”. Fu, innanzitutto, la lotta armata contro i tedeschi e i loro collaborazionisti. Ma ci furono anche tante persone che fecero una lotta senza armi, come la lotta politica degli italiani in opposizione al regime, i quali dovettero fuggire per le loro posizioni, lasciando la famiglia e la loro vita: una scelta radicale. Ma, dopo anni, questi esuli tornarono al momento della Resistenza e si misero a disposizione dei nuovi antifascisti, quelli che si erano resi conto delle falsità di tutte le chiacchiere del regime fascista. Dopo l’Armistizio, gli internati dei campi italiani fuggirono e vennero aiutati dai contadini, con cibo e vestiti: spesso furono protagoniste di questi aiuti le donne; anche questa è stata una forma di Resistenza. Inoltre, molti militari italiani vennero uccisi e rastrellati dopo l’Otto settembre: venne loro proposto di collaborare con la RSI per evitare la prigionia, ma migliaia e migliaia di essi dissero di no, anche a costo di morire; questo è un ulteriore esempio della “Resistenza plurale”, una forma di resistenza disarmata ma forte. La Resistenza è stata quindi tutte queste cose, questo grande insieme di differenti azioni, capace di unire persone politicamente diverse, dai monarchici ai socialisti, intorno alla comune lotta per la libertà. Si misero insieme e vinsero, senza demordere nei momenti più difficili».

Matteo Petracci

Successivamente, Matteo Petracci ha raccontato le peculiarità della Banda Mario: «Le Marche vennero scelte dal regime fascista per i campi prigionia perché rispondevano a certi requisiti: non possedevano infrastrutture importanti, non erano presenti grandi vie comunicative, erano lontane dai confini, erano poco popolate e, inoltre, gli abitanti venivano considerati come dei “sempliciotti”, in quanto principalmente contadini mezzadri, quindi politicamente poco pericolosi. Ogni località conteneva prigionieri di nazionalità differenti, per esempio a Fabriano i croati, a Sforzacosta i britannici. A San Severino, l’antifascista istriano Mario Depangher, dopo l’Armistizio e la fuga dalla prigionia, insieme a molti internati di queste zone, fondò una brigata partigiana; nel nucleo originario, era presente anche Enrico Mattei. Le loro azioni si sono svolte nelle aree di San Severino, Valdiola, Chigiano, San Vicino e Roti, una zona di importanza strategica per le armate tedesche dirette verso Ancona. Per quanto riguarda la “Resistenza plurale”, abbiamo varie testimonianze di come la popolazione contadina aiutò materialmente questi partigiani, attuando così una forma di Resistenza civile e disarmata, fatta senza chiedere nulla in cambio, per un mondo migliore e libero. La brigata arrivò a contare duecento elementi, di cui cinquanta erano donne e non dimentichiamo l’altra grande peculiarità di questa banda, la forte componente internazionale: polacchi, russi, ucraini, croati, etiopi, somali, italiani, addirittura un austriaco, cattolici, come i parroci don Pocognoni e don Ciarlantini, ebrei e musulmani. Un battaglione internazionale e internazionalista».

Infine, dopo qualche intervento da parte del pubblico, Isabella Insolvibile ha ricordato dei dettagli importanti riguardanti il ruolo delle donne nella Resistenza: «Per le donne, la Resistenza è stato uno scatto rispetto al ruolo domestico in cui il fascismo le aveva confinate. Molte di loro furono staffette, il che significava portare i messaggi alle formazioni partigiane tra le montagne: un ruolo importante e rischioso, in quanto disarmate e, se prese dai nazi-fascisti, rischiavano una brutta fine. Le donne catturate subivano trattamenti peggiori rispetto agli uomini, con tanto di violenti abusi sessuali». Per rinforzare l’importanza del ruolo femminile nella Resistenza, ci sono anche dei casi in cui degli uomini decisero di farsi comandare da una donna, come la vicenda di Walkiria Terradura, a capo di otto ragazzi che la accettarono come comandante: una metamorfosi di pensiero non da poco per degli uomini dell’epoca.

Silvio Gobbi

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