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I cinque film
I cinque film

Quando i film raccontano l’importanza delle sale cinematografiche

Con l’ultimo Dpcm si è deciso (tra i vari punti) di chiudere le sale cinematografiche. Ma che cos’è questa sala? È il luogo dove i film diventano vere e proprie esperienze individuali e collettive. Ogni opera, di ogni genere, contribuisce alla crescita individuale: anche quando non sembra, anche quando si guarda una pellicola tanto per passare del tempo, qualcosa nello spettatore cambia (è sempre così). L’esperienza che si ha con una proiezione cinematografica è nettamente differente rispetto a quella del televisore o del computer: il grande schermo accresce la forza del film, la sala diventa una cassa di risonanza e di amplificazione del lavoro proiettato. Questi luoghi sono spesso presenti nei film stessi e, come per noi spettatori, anche per i protagonisti delle pellicole la sala cinematografica diventa un luogo di incontri, di emozioni e di condivisione. Come accade per Matthew, il giovane protagonista di The Dreamers (Bernardo Bertolucci, 2003), studente statunitense a Parigi durante il Sessantotto. Nella sala buia passa la maggior parte del suo tempo, vedendo film su film, insieme a tanti giovani appassionati cinefili come lui, pronti a mobilitarsi contro l’estromissione di Henri Langlois dalla direzione della Cinémathèque française. «Ero diventato membro di quella che in quei giorni era una specie di massoneria, la massoneria dei cinefili, quelli che chiamavamo malati di cinema. Io ero uno degli insaziabili, uno di quelli che si siedono vicinissimi allo schermo. Perché ci mettevamo così vicini? Forse era perché volevamo ricevere le immagini per primi, quando erano ancora nuove, ancora fresche, prima che sfuggissero verso il fondo, scavalcando fila dopo fila, spettatore dopo spettatore, finché, sfinite, ormai usate, grandi come un francobollo non fossero ritornate nella cabina di proiezione», così dice il ragazzo di sé e della sua passione. In quella sala, conosce Isabelle ed il fratello Théo. Con loro nasce un intenso e contorto rapporto, passando il tempo insieme e facendo del cinema il loro mondo, il loro linguaggio di comunicazione. Tre giovani che mescolano pellicole, amore, sesso, politica e turbe: nella sala, dove le immagini proiettate affascinano il pubblico, nasce il controverso triangolo tra Matthew, Isabelle e Théo. Quelle figure in movimento affascinano non soltanto i giovani adulti, ma anche i più piccoli, come accade per il protagonista di Nuovo Cinema Paradiso (Giuseppe Tornatore, 1988). Salvatore “Totò” è un bambino povero della Sicilia del secondo Dopoguerra, ed ha come unico grande amore il cinema: nella sala del paese trascorre il suo tempo, facendo amicizia con il proiezionista Alfredo. Il ragazzino vede tutte le pellicole che può all’interno di quella sala: quel luogo si sostituisce al padre, morto in guerra, e lo cresce. Una volta adulto e abbandonato il paese natio, diventa un regista di successo. Nel finale, si ritrova in una sala per visionarie la pellicola lasciatagli in eredità da Alfredo: al suo interno, sono contenute tutte le scene che il prete del paese tagliava dai film, perché ritenute troppo scabrose (anche un semplice bacio veniva censurato nelle sale di paese). Salvatore, attraverso quei frammenti di pellicole, ricorda le immagini che lo hanno cresciuto in quella sala che è stata madre, padre e culla della sua giovinezza: ritorna bambino, provando le stesse emozioni di un tempo, mescolando ricordi felici e qualche rimpianto. Meno elegiaca, ma al tempo stesso emotivamente significativa, è la sala cinematografica per Guido, il protagonista di (Federico Fellini, 1963). Regista in crisi, si ritrova verso il finale del film in una sala cinematografica: deve decidere quali attori scritturare per poter iniziare le riprese, sotto la pressione del produttore. In quella sala vede tutte le registrazioni fatte, e soffre, perché è indeciso e non ha più voglia di girare il film: non vuole completare un lavoro in una vita che, per forza, non potrà mai essere completa. Guido è insofferente, circondato dalla produzione, dai colleghi, da tutti: vive quella sala come una gabbia, imprigionato. Odia così fortemente quel luogo, quelle persone, quella situazione, da immaginarsi di vedere l’onnipresente critico cinematografico impiccato. Ma nella sala non si sogna soltanto la morte, si può recuperare anche la voglia di vivere, come succede per Mickey Sachs, di Hannah e le sue sorelle (Woody Allen, 1986). L’uomo, dopo un forte periodo di esaurimento, tenta il suicidio, fallendo. In preda al panico, entra in un cinema e, durante la proiezione de La guerra lampo dei Fratelli Marx, capisce come sopravvivere al peso della vita: vivere giorno per giorno, non curandosi dei dubbi esistenziali e della morte che, prima o poi, arriverà. Infine, la sala, oltre a suscitare emozioni, scaldare gli animi, rafforzare o curare la depressione, può divenire il luogo del riconoscimento personale e della conseguente soddisfazione, come avviene per Sharon Tate in C’era una volta a… Hollywood, l’ultimo lavoro di Quentin Tarantino. La giovane Sharon entra in una sala in incognito per vedere un film dove lei ha partecipato, ed il pubblico applaude alla sua interpretazione, spontaneamente, senza sapere della presenza di lei in quel momento. E lei, sola nel buio, può vedersi sullo schermo, apprezzarsi e ricevere il plauso del pubblico: il fine ultimo di ogni attore, il riconoscimento della performance. E lei sorride, soddisfatta e incredula, perché viene riconosciuto il suo valore. Un’attrice che Tarantino ha deciso di salvare dalla vera realtà dei truculenti fatti storici che tutti conosciamo: lei, giovane, in quella sala, assorbe tutta la vita che non ha potuto vivere, tutte le soddisfazioni che non ha potuto avere. In quella sala, dove le immagini prendono vita e forma sul grande schermo, Sharon Tate vive la gloria negata, Mickey salva la propria vita dal suicidio, Guido sogna di fuggire dai suoi nemici e di impiccare gli intellettuali, Totò cresce e si salva dalla povertà, Matthew, Isabelle e Théo danno vita alla loro libertina, conflittuale ed incestuosa storia d’amore e cinema. In un luogo così buio, accade di tutto e di più, e noi spettatori siamo lì, pronti a vivere le vicende di questi ed altri personaggi, grazie alla luce che squarcia il buio fecondo, proiettando quelle immagini che rimangono indelebili nei nostri ricordi, nelle nostre esperienze.

Silvio Gobbi

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