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Il taglio del nastro
Il taglio del nastro

Inaugurata mostra su Scuriatti: è aperta fino al 28 febbraio

Inaugurata ieri, dopo una cerimonia di presentazione al Feronia, la mostra dedicata a Remo Scuriatti. Rimarrà aperta al pubblico fino al prossimo 28 febbraio. Tre le sedi espositive da visitare.

La prima è quella del Palazzo della Ragione, accanto alla Torre dell’Orologio, di proprietà dei Bisello, concesso (e riaperto) proprio per questo evento.

Qui si vede in particolare il Remo Scuriatti fotografo, il quale, con i suoi ritratti fotografici, ha dimostrato che è possibile fare della fotografia una forma d’arte. Lui possedeva una “visione fotografica” che gli ha consentito di creare un mondo dove ogni immagine sprigiona un particolare fascino, comunica un senso di mistero, diventa un invito alla speculazione e alla fantasia, spinge a interrogarsi su che cosa si nasconde dietro quel rettangolo di carta. Scuriatti era alla continua ricerca di uno stile e di un linguaggio personali, che si traduceva nel rendere il soggetto protagonista dell’inquadrature, nell’uso creativo della luce, nel sottolineare determinati particolari dell’abbigliamento. Impegnato a inseguire un ideale di bellezza soprattutto femminile, Remo metteva una cura quasi maniacale nella “messa in posa”, un’operazione lunga e complessa che gli consentiva di studiare l’espressione del viso, la posizione del busto e delle spalle, la funzione compositiva delle mani, di evitare quei sorrisi “stereotipati” che in alcuni casi riducono il ritratto una parodia del volto umano.

Scuriatti ha tratto ispirazione dalle correnti fotografiche del suo tempo, a cominciare dal Pittorialismo, assimilando mode e modelli culturali, personalizzando stilemi ricorrenti, ricorrendo in alcuni casi a virtuosismi tecnici che rendono particolari le sue immagini. Per queste ragioni la buona borghesia cittadina, seguita a una certa distanza da operai e contadini, correva a mettersi in posa davanti al suo obiettivo.

Ogni ragazza da marito o giovane signora entrava nell’atelier di Remo per fissare sulla lastra o sulla pellicola quegli occhi pieni di languore, quelle labbra sorridenti, quei palpiti del cuore. Dall’esame delle sue fotografie emerge chiaramente che Scuriatti è stato un grande ritrattista dotato di un talento naturale, che è riuscito nell’arco di circa trent’anni a mettere in posa dinanzi al suo obiettivo la più variegata e affascinante umanità che ha fotografato con leggerezza ed eleganza, con intensità unita a una indiscussa levità, dando risalto non solo ai volti dei vari personaggi, ma anche alle mode e alle acconciature del momento, agli abiti da passeggio e da sera indossati da queste giovani donne di provincia con la stessa disinvolta eleganza come avveniva nelle maggiori città della penisola.

La seconda sezione è quella dedicata alla pittura ed è accolta sia nello stesso Palazzo della Ragione, sia nell’adiacente Chiesa della Misericordia.

La mostra vuole riscoprire un personaggio che per tutta la vita ha perseguito un proprio ideale di bellezza nella convinzione che essa possa accendere in ogni persona la luce dell’intelligenza, della consapevolezza e della curiosità. Albert Camus ha scritto che la bellezza forse non salverà il mondo, ma inviterà gli esseri umani ad essere migliori: “La bellezza non fa le rivoluzioni. Ma viene il giorno in cui le rivoluzioni hanno bisogno di lei…Mantenendo la bellezza, prepariamo quel giorno di rinascita in cui la civiltà metterà al centro delle sue riflessioni quella virtù viva che fonda la comune dignità del mondo e dell’uomo” (L’uomo in rivolta, 1951, Bompiani, p. 302).

L’originalità della ricerca pittorica di Remo Scuriatti è avvalorata da un notevole senso d’indipendenza; da una personalità resa forte ma allo stesso fragile da una estrema sensibilità, dal non vincolarsi a mode artistiche, restando sempre in una profonda sintonia col proprio sentire. La sua arte, per certi versi asincrona rispetto ai tempi, rimane costantemente e profondamente legata alle vicende personali, a a quella comunità a cui sentiva di appartenere. La sua personalità, per certi versi nostalgica di un passato ritenuto importante, è rimasta sempre libera da conformismi e segnata da un’indipendenza che gli era consentita dalla sua formazione di autodidatta e da una spontanea naïveté affidata alla occasionalità e all’urgenza delle sensazioni, senza mai cadere in un generico qualunquismo come dimostrano le sue opere segnate da un desiderio di autenticità e di coinvolgente presenza. Soprattutto nei suoi paesaggi sembra emergere un costante desiderio di pacificazione, una ricerca di acquietamento interiore in sintonia con linee e colori evocativi di sentimenti profondi, tanto da fargli meritare l’attributo di “pittore leopardiano”. Negli anni Sessanta Remo Scuriatti, per superare il continuo confronto tra astrazione e figurazione, decide di sperimentare nuove strade, di orientare il suo interesse verso ambiti meno realisti e interiorizzanti, più vicini alla poetica informale e sotto la spinta dell’entusiasmo suscitato dalle scoperte scientifiche connesse al lancio delle prime sonde e alle prime imprese spaziali.

Nel 1959 il maceratese Sante Monachesi è uno dei fondatori del Movimento Astralista, e nel 1961 del Movimento Istantaneista seguito nel 1964 dal Movimento Agravitazionale poi Agrà, con lo scopo di diffondere l’idea di un’arte cosmica più vicina all’uomo moderno. E’ probabile che, sotto l’influenza del pittore suo amico, Scuriatti avverta il bisogno di liberarsi dalla quotidianità terrestre, di superare il limite spazio-tempo per aprirsi all’astrazione, per dipingere con una gestualità che porta alla creazione di violenti “getti” di colore. La sua pittura vuole dare corpo alla nuova energia cosmica, si propone di esaltare la grazia e la luminosa bellezza del cosmo, rinnovandosi continuamente nella forma e nell’invenzione delle immagini. Scuriatti trasforma e traduce le sue stagioni terresti in stagioni galattiche, dove predomina la componente materica e cromatica, dove i contenuti si polverizzano sotto gli effetti di un’esplosione cosmica. Egli avverte la necessità di esplorare un mondo fisicamente lontano con le sue luci e le sue forme variegate; va incontro alle galassie come un esploratore dello spazio e nel 1971 dedica al primo astronauta americano in orbita, Alan Shepard, una delle sue Ere Spaziali, in cui riproduce frammenti di terra resi cromaticamente dalla combinazione di tonalità fulve, nivee e rosate dominate dall’emergere delle modulazioni del nero, mentre trasversalmente torna il blu solcato dal bianco.

Infine, la terza sezione: è dedicata agli artisti della “cerchia” di Remo Scuriatti e le opere sono in mostra nella sede della Pinacoteca comunale, in via Salimbeni

Tra il 1947 e il 1970 si svolge a San Severino un’intensa attività artistica con una serie di mostre e concorsi a livello regionale e nazionale. Questo fermento artistico è testimoniato dalla presenza di alcuni pittori e scultori di età diversa, ma tutti amici di Remo Scuriatti che sono soliti frequentare il suo studio come un luogo di scambio d’idee e di confronto sul mondo delle arti figurative. Ognuno di questi autori mostra una propria personalità artistica sia dedicandosi a forme d’arte astratta, oppure alla rappresentazione del figura umana e del paesaggio, ma tutti sono la testimonianza di un fermento artistico che ha animato la città dopo la tragedia della seconda guerra mondiale, un mondo che è andato via via scomparendo per le trasformazioni in atto nella società italiana e per la scomparsa di quasi tutti i protagonisti di quegli anni che hanno segnato la rinascita culturale, artistica ed economica della nostra città.

I pittori: Arnaldo Bellabarba (1913-2003), Renato Pizzi (1915-1996), Ezio Raimondi (1930-2019), Luigi Cristini (1929-2017), Luciano Gregoretti (1928), Giuseppe Massaria (Trieste 1919 – ?), Vincenzo Tomassini (1918-2017), Benur Caciorgna (1935-2004), Carlo Bucci (Castiglione a Casuria 1936-Tivoli 2004).

Gli scultori: Wulman Ricottini (1908-1991) e Luigi Balducci (1923).

Quest’ultimo era presente alla cerimonia inaugurale: per lui e per la sua straordinaria produzione artistica il professor Alberto Pellegrino, curatore dell’intera mostra, ha avuto parole di ringraziamento e di elogio. Sono stati momenti di plauso e commozione, anche nel ricordo degli altri artisti che oggi non ci sono più. Così come è accaduto quando lo stesso Pellegrino ha aperto il suo intervento con una dedica ad Achille Alba, scrittore e studioso settempedano recentemente scomparso, di cui il catalogo della mostra ospita un bellissimo testo proprio su Remo Scuriatti.

 

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